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Tradimento

Tradimento
Per buttarsi alle spalle i postumi di un ictus e per recuperare una memoria traballante Mulder accetta l’invito del vecchio amico Donald di andarlo a trovare nel nuovo Sudafrica. Si sono conosciuti molti anni prima quando militavano nella Fraternité, un gruppo armato clandestino che si batteva contro l’apartheid afrikaner. Il Sudafrica che ora Mulder vede davanti ai suoi occhi non è però quello per il quale aveva lottato. Non si è realizzata nessuna democrazia né eguaglianza: al crudele regime di un tempo si è sovrapposto il potere di un’élite nera corrotta e prepotente. Il segregazionismo è rimasto nel DNA del paese: i bianchi vivono asserragliati nei loro quartieri superaccessoriati, mentre la maggior parte della popolazione black e coloured tira a campare in squallide township. E delinquenza giovanile e tik, un’anfetamina tratta dai molluschi, imperversano dovunque. Mulder non riesce a prendersi nemmeno con Donald, con il quale emergono antichi dissapori ideologici e sentimentali riguardanti soprattutto la bella Cathérine, instancabile attivista della Fraternité, amata da tutti e due. La donna era finita in carcere perché qualcuno l’aveva tradita. Chi, Mulder o Donald?
A volte vale di più un intenso romanzo che non un reportage a rappresentare una realtà socio-politica. Come aveva già fatto ne La terra promessa e nella trasmissione televisiva “Van Dis in Afrika”, Adriaan van Dis torna ad affrontare la problematica a lui cara del Sudafrica. Non casualmente sceglie di parlare di questo paese, perché esso ha rappresentato a partire dagli anni ’90 una via africana alla democrazia e alla parità giuridica. Purtroppo le libere elezioni e la riconciliazione nazionale non sono bastate a trasformarlo in uno stato di diritto. In Tradimento lo scrittore olandese fa i conti con il fallimento del modello mandeliano, con la crisi post coloniale e post segregazionista che ha finito per accomunare il Sudafrica alle politiche antidemocratiche e violente tipiche di molte nazioni africane. Van Dis lavora sulle dicotomie bene-male, presente-passato, interno-esterno. Vi sono i Donald che cercano di difendere i pescatori del villaggio da contrabbandieri e trafficanti di droga o di salvare il piccolo Hendrik dal tik, ma pure sindaci e politici disonesti interessati solo ai propri malaffari; vi è il ricordo di un Sudafrica oppressivo e razzista e un presente che potenzialmente potrebbe essere di libertà e condivisione; vi sono case ermeticamente chiuse per difendere persone e cose e un paesaggio sconfinato, aperto nel quale lasciarsi andare. Tradimento pone inquietanti interrogativi sulle contraddizioni della “nazione arcobaleno”, senza cercare di dare risposte. A spiegare sono sufficienti l’amaro disincanto di Mulder di fronte al disastro a cui assiste, e la sua ostinazione ad opporsi a tutto ciò. Pur sapendo di non poter cambiare nulla continua a resistere, a “occuparsi del mondo” come riflette nel finale ascoltando le battute razziste di un anonimo signore incontrato all’aeroporto. La lotta va comunque portata fino in fondo come gli suggerisce il combattivo e determinato Donald. Su un’apparente spy story crepuscolare van Dis costruisce un racconto politico che analizza con lucidità il difficile cammino di un popolo verso la giustizia e la libertà. Specie quando queste vengono continuamente tradite da chi dovrebbe difenderle e preservarle.