
Firenze, fine anni ‘50. Modesto e Aurora, marito e moglie, esercitano la stessa professione di insegnante ed entrambi hanno un amante. Si sono conosciuti alla stazione dei treni. Lui l’ha seguita, lei è rimasta colpita da quel giovane così magro e particolare. Il loro rapporto somiglia al passo di un uomo che cammina sulle braci ardenti nascoste sotto la cenere. La loro vita è un’apparente e lunga strada sicura, mente in realtà nasconde una miriade di crepe sul punto di collassare. Succede il giorno in cui Modesto riceve una lettera anonima che evoca un episodio drammatico accaduto durante la guerra e nel quale è coinvolto. Da quel momento, le crepe sotto ai suoi piedi iniziano ad allargarsi e il rapporto con Aurora si incrina. È come se un muro si alzasse tra i due. Entrambe cercano rifugio tra le braccia dei propri amanti, non trovandovi però conforto o soddisfazione, come se il destino imponesse loro di proseguire oltre e arrivare al bandolo della matassa. Modesto, anziché tornare a casa, inizia a vagabondare per l’Italia, alla ricerca del misterioso mittente che per forza deve conoscere la storia della sua infanzia che ha a che fare con la vita di un ragazzino di nome Guerrino, figlio di un padre vedovo e eccessivamente accomodante e nipote di uno zio fascista che lo porta con sé ovunque. Guerrino ammira talmente lo zio da seguirne le orme, anche quando la guerra sta portando gli alleati a conquistare sempre più terreno. Prima di fuggire e diventare un altro uomo in un altro luogo, assieme all’amico Dalmazio e allo zio, il giovane compirà l’ultima azione punitiva...
Georgiana di nascita, nata a Mestia nel 1985, Ruska Jorjoliani inizia a scrivere in italiano solamente dieci anni fa, facendosi subito notare con un componimento poetico dedicato a Dino Campana. Pochi anni più tardi esordisce nella narrativa, arrivando poi a Tre vivi, tre morti, suo secondo romanzo. Il titolo riporta a un racconto scritto da un giovane prete durante la guerra, una sorta di favola nera e di visione oscura di ciò che sta per succedere. Di Ruska Jorjoliani colpisce l’estrema cura nella scelta dei vocaboli e la capacità di fissare un dettaglio di un’azione, di un luogo, un preciso momento, come fosse una fotografia che interrompe per un attimo la corrente della narrazione, illuminando la scena con una brevissima ma efficacissima sospensione temporale. Ed è proprio il tempo cronologico a sottomettersi alle regole dell’autrice che, pur raccontando la storia di Modesto e di Aurora e del loro rapporto falsamente candido, sposta le lancette dell’orologio e le pagine del calendario per tornare indietro nel tempo e mostrarci un’altra storia solo in apparenza diversa. In realtà, si tratta degli scheletri nell’armadio, scheletri veri e propri, che il tempo dissotterra anziché consumare. La fragilità del rapporto tra i due coniugi sta tutta nelle parole che i due si scambiano, nella routine fredda e asettica del cinema ogni lunedì. Sono rituali senza profondità, sipari che nascondono quinte buie e anguste. Tre vivi, tre morti è un romanzo ricco di suggestioni tristi, immagini melanconiche e cupe, eppure la scrittura di Ruska Jorjoliani riesce nell’intento di illuminare la scena grazie alla cura del dettaglio e alla scelta di un lessino mai scontato.