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Trump Sky Alpha

Trump Sky Alpha

Tutti i mercoledì il dirigibile rigido del Presidente degli Stati Uniti, “Trump Sky Alpha”, viaggia da Washington a New York e tutte le domeniche da New York a Washington: uno zeppelin sfarzoso – scheletro di alluminio intarsiato di oro, platino e cristallo, pareti trasparenti e vista mozzafiato – con 224 posti in vendita da 50.000 dollari in su per ogni trasvolata, catering extra-lusso servito mentre Donald Trump in una sfera di cristallo antiproiettile governando il timone del dirigibile tiene i suoi discorsi trasmessi in diretta su YouTube. Anche quel maledetto 28 gennaio – malgrado il parere fortemente negativo di tutto lo staff (“Signor Presidente, possiamo portarla in un bunker (…) potrà tenere il suo discorso da lì, ma proprio non se ne parla di farla salire su un cazzo di dirigibile di plastica mentre scoppia la Terza guerra mondiale”) e prendendo in contropiede i Servizi Segreti e i vertici militari – incurante dello stato d’emergenza globale, Trump sale a bordo e decolla senza passeggeri e senza equipaggio. Ha passato tutto il pomeriggio nella Situation Room della Casa Bianca con i membri dello Stato Maggiore congiunto e i segretari dei dipartimenti a valutare l’evolversi della gravissima situazione internazionale, fino a quando non ha approvato un’opzione nucleare limitata e Ivanka Trump è finita su tutte le tv del mondo mentre piagnucolava “No no no”, si precipitava in strada e vomitava per la paura sotto gli occhi dei manifestanti da ore raccolti davanti alla Casa Bianca. Mentre i morti si contano già a milioni e il Pentagono brucia, Trump twitta “Felice di tornare a NYC! Serata meravigliosa! I media delle fake news BUGIARDI come al solito!!!” e inizia a parlare incessantemente in diretta mondiale mentre dappertutto piovono le bombe atomiche: nessuno di quei tragici avvenimenti è colpa sua, l’economia non è mai stata così forte negli ultimi cinquant’anni, l’FBI perde tempo facendo inchieste fasulle mentre i pericoli sono altri, gli errori di Obama e Hillary Clinton ci hanno esposti a un attacco micidiale però per fortuna è lui il Presidente e la porzione di Usa che sarebbe stata distrutta se ci fosse stata Hillary al potere sarebbe stata ben più vasta... Accompagna lo sproloquio tutto il suo repertorio di gesti con le mani ed espressioni facciali finché un cacciabombardiere straniero non riesce a bucare la difesa aerea americana e scarica tutto il suo arsenale su “Trump Sky Alpha” facendolo esplodere ma no, no, Trump non è morto, lo scheletro in fiamme dello zeppelin resiste in volo, lui è gravemente ferito nella sfera di cristallo antiproiettile ma alza il pollice, parla ancora, annuncia un contrattacco nucleare su vasta scala, questione di minuti, lo vedremo tutti in diretta. Infatti nel Midwest e in altre località i missili si solo alzati in cielo, mentre un oceano di manifestanti invade le strade di Manhattan e prende d’assalto la Trump Tower…

È passato un anno dalla spaventosa, farsesca notte in cui il novanta per cento della popolazione mondiale è stato sterminato dalle bombe. In quel mondo ormai scomparso, estinto, Rachel era una giornalista. Si occupava di web e tecnologia, di parole e concetti dei quali oggi “non conserviamo che un vago ricordo, l’ombra del loro significato”, una mitologia sempre più sbiadita, internet degli oggetti, acquisti in app, Siri e Alexa, Dishfire e Cambridge Analytica, il satellite di Facebook sul razzo della Space X”. Fantasmi, fossili. Rachel – che vive a Minneapolis in un grattacielo rivestito di protezioni anti-radiazioni con le tende che possono essere aperte massimo un’ora al giorno – è una degli americani sopravvissuti (probabilmente meno di un milione, e fra loro purtroppo non ci sono sua moglie e sua figlia). Passa le giornate guardata a vista da soldati armati di tutto punto a visionare immagini riprese da droni e a segnalare eventuali segni della presenza umana. La vita ormai è questa, fino a un probabile cancro causato dalle radiazioni. La contatta il suo ex direttore Galloway, le annuncia che i militari vogliono far uscire un nuovo “New York Times Magazine”, le spiega che le vuole commissionare un articolo per il primo numero, un pezzo sull’umorismo su internet alla fine del mondo. I meme, le battute, i video che sono diventati virali nelle ultime, convulse ore prima dell’apocalisse nucleare. La giornalista non ha nessuna voglia di scrivere un articolo simile, ma capisce che potrebbe essere per lei l’occasione di fare ricerche sul fato della sua famiglia e su come le cose sono davvero andate allo scoppio della guerra. Dopo qualche giorno capisce però anche che le autorità militari vogliono in realtà un altro tipo di informazioni, un altro tipo di inchiesta e che aver scelto lei per il pezzo è stato tutt’altro che casuale. “Questa è stata l’idea con cui ho iniziato il libro: come sarebbero i social media nell’imminenza della fine del mondo? E la risposta a cui sono arrivato è stata: non così diversi da come sono ora. Le persone su Twitter farebbero le stesse battute e sarebbero aggressive o spiritose più o meno allo stesso modo in cui lo sono ogni giorno. Non avevo mai trascorso molto tempo su 4chan prima di fare ricerche sul libro, quindi è stato un colpo, un’esperienza rivelatrice”: lo spiega Mark Doten – docente di scrittura creativa alla Columbia University e a Princeton, uno dei Best Young American Novelists di “Granta” nel 2017 – in un’intervista a “Timber”. A leggere le prime quindici pagine sembra una satira in salsa apocalittica contro Trump, ma ne bastano altre quindici per capire di essere di fronte a un romanzo spaventoso, rivelatore, potente. Esiste una strategia nascosta, una “tremenda simmetria” dietro il colorato caos apparente dei social network? La rete è uno strumento di libertà o di oppressione? “Chi controlla i meme controlla il mondo”, ha recentemente dichiarato Elon Musk. E dunque sono controllati? E se sì, chi li controlla? Questa apparente pandemia di ironia travolgente è innocua o sinistra? Interrogativi molto attuali, decisivi, incredibilmente (o forse no) trascurati dai media tradizionali ai quali Trump Sky Alpha, uscito per Chiarelettere in contemporanea con gli Stati Uniti, dà una risposta desolante e terrificante con un romanzo che unisce la sapienza tecnica del migliore postmodernismo, il ritmo immaginifico della fantascienza post-apocalittica, un gergo meme cyberpunk e sequenze di una crudeltà che non è facile dimenticare. Grandissimo libro.