
Dopo aver lasciato Edimburgo Cass, i suoi genitori e Jacob raggiungono la Francia: la città prescelta per girare il secondo episodio della serie de “I fantadetective” è infatti Parigi. Appena posato piede sul suolo della capitale francese Cass si trova in un’atmosfera completamente diversa da quella della Scozia: qui gli abitanti sono vestiti in modo impeccabile, ogni via riluce di eleganza e raffinatezza e perfino i cani sono conciati secondo le più attente regole del buon gusto. Insomma Parigi sembra il posto adatto per stare lontana dai guai, riconquistare la fiducia dei propri genitori, incrinata dopo l’inconveniente del cimitero scozzese, e godersi una meta tanto affascinante quanto apparentemente poco infestata da fantasmi. Ma ovviamente Cassidy è fastidiosamente consapevole che i suoi genitori non hanno scelto Parigi per la sua bellezza, perciò qualcosa di vagamente spettrale deve nascondervisi per forza. Il giorno dopo il loro arrivo, l’allegra famiglia incontra la troupe delle riprese e la guida Pauline, una donna giovane che si presenta subito come una parigina che non crede affatto ai fantasmi, anche se continua a stringere il ciondolo che porta al collo nella convinzione che la tenga lontana da maledizioni e oscuri incontri. La prima tappa sono le Catacombe, che incutono un certo timore a Cass dato che è necessario scivolare sottoterra, in quello che è a tutti gli effetti un cimitero che contiene milioni di francesi morti, e quindi potenzialmente milioni di fantasmi bloccati nel Velo. Mentre scatta foto per il documentario, come le hanno richiesto i genitori per tenerla occupata durante le ore di registrazione, Cass viene richiamata dal Velo che le si stringe attorno impedendole di camminare lontano, benché quella fosse la sua intenzione. Una volta nel traverso ecco che Cass viene attratta da una voce: qualcuno sta contando. Nonostante sia attirata da quel contare, Cass riesce a persuadersi a seguire Jacob al sicuro, di nuovo, nella parte di mondo dei vivi. Ma ecco che una volta tornati nel mondo reale iniziano ad accadere una serie di strani eventi: abbandonate le Catacombe, una sensazione d’essere seguita la perseguita, ma ogni qualvolta si volti per cercare il colpevole impiccione non trova nessuno. Man mano che le ore passano, la sensazione non fa che peggiorare e attorno a lei accadono fatti insoliti: un’estremità del tendone sotto cui il gruppo dei Fantadetective si è seduto per una meritata pausa si stacca e per poco non colpisce Cassidy in pieno, poi le auto posteggiate in strada prendono a suonare, perfino Grim - il gatto pigro della famiglia - è fuggito dalla camera dell’albergo. Cassidy - sempre più convinta che il motivo di quelle stranezze abbia a che fare con lei - contatta Lara, l’amica conosciuta in Scozia con cui condivide la stessa “missione”, la quale le spiega che probabilmente ha attirato l’attenzione di un poltergeist, uno spirito che inizialmente commette solo marachelle ma che acquistando potere, se non fermato, può arrivare anche a minacciare e uccidere. Il compito di Cass quindi non può che essere quello di fermare il nuovo sgradito ospite, eppure quando lo incontra nuovamente lo specchio che tanto bene ha funzionato a Edimburgo con altri fantasmi non ha alcun effetto sul giovane fantasma che anzi riesce a spingere Cassidy giù dal tetto su cui si era arrampicata per attirarlo a sé e rispedirlo al proprio posto. Con questa nuova conoscenza Cass e Jacob aggiornano Lara, e i tre comprendono che l’unica possibilità per sconfiggere questo fantasmino è fargli ricordare chi era e cosa gli è accaduto così da poter usare lo specchio e portare a termine la missione, anche se le difficoltà non sono per nulla poche o semplici da superare…
Il secondo capitolo della trilogia di Cassidy Blake è avvincente e costruito in modo tale da poter esser letto anche senza aver recuperato il primo volume, poiché nel primo capitolo e poi sparse qua e là vengono presentate le informazioni cardine per costruire corretto background degli eventi e dei protagonisti. Come già accaduto per il primo volume della saga i protagonisti si trovano ad agire in un’ambientazione particolareggiata che qui trova molti nuovi elementi originali che impreziosiscono la storia attingendo di capitolo in capitolo a una riserva ricca di pathos e colpi di scena. Il linguaggio è ancora piano, semplice, con l’impiego di una terminologia adatta a un target di lettori molto giovane: Cassidy parla col tono colloquiale tipico e ben noto agli adolescenti e questo la rende un personaggio molto più completo di quanto non fosse nel primo libro, arricchito di sfaccettature poiché la vediamo agire sia sospinta dagli eventi, come quando pur opponendo una resistenza razionale viene assorbita dal Velo, sia sinceramente conscia delle proprie emozioni e del compito che le è stato affidato. In particolare, il suo rapporto con Jacob apre al tema del timore: complici le parole di Lara e gli eventi a cui assiste, Cassidy si trova spesso a domandarsi quando e se dovrà rispedire il suo miglior amico al proprio posto, prospettiva questa che la riempie di preoccupazione. Allo stesso tempo Jacob - pur mantenendo il proprio fascino misterioso - si lascia andare, confessando cosa gli è accaduto il giorno in cui è morto. Dinamiche queste che non solo arricchiscono la trama ma rendono verosimile e inteso il rapporto tra i due protagonisti facendoli apprezzare particolarmente bene dal lettore che entra in sintonia con loro e li accompagna, sempre più partecipe, nel corso degli eventi. Anche la scelta dei luoghi e dei racconti che la madre di Cass propone circa i fantasmi che si dice li popolino sono molto ben costruiti e scelti: rispetto al primo libro qui sono inseriti molti più luoghi, dalle catacombe ai giardini di Lussemburgo, per poi raggiungere la Torre Eiffel e il teatro dell’Opera, e soprattutto tutti hanno una storia interessante che li caratterizza e si rifà al paranormale. Se dovessimo trovare un punto un po’ critico del testo sarebbero le informazioni che ci vengono ricordate circa il compito, i ruoli e le dinamiche dei personaggi che se da un lato aiutano a tenere a mente dove si era arrivati nella storia, dall’altro rischiano spesso di diventare ridondanti e quindi annoiare.