
L’11 febbraio 2013 papa Ratzinger si dimette. Non è malato. Non ha perso la fede. È semplicemente stanco. Tipo Forrest Gump che dopo aver attraversato l’America correndo si ferma improvvisamente e annuncia ai seguaci di essere un po’ stanchino. Enrica Tesio lo apprende dalla tv, mentre il figlio di due anni e mezzo pilucca una cena a base di verdure frullate travestite da pesto e la figlia di sette mesi attende nel seggiolone la poppata della buonanotte. È un periodo turbolento per Enrica, fresca di separazione e con Marta ricoperta dalle vescicole della varicella di lì a qualche ora, e la decisione di Benedetto XVI continua a ronzarle in testa, nonostante i bimbi da addormentare nel lettone, la cucina da riassettare e il portatile che la chiama dal salotto per un lavoro in scadenza da terminare. Si rende conto di far parte anche lei della schiera dei multistanchi, cioè degli “esausti”, gli “esauriti”, in una società in cui la stanchezza è universalmente accettata, come diretta conseguenza della frenesia inarrestabile che caratterizza quelle nostre vite degne di essere considerate tali. Depressione, tristezza e apatia sono debolezze da nascondere, ma non la stanchezza che va invece esibita come valida prova: del resto Dio stesso, il settimo giorno, si è riposato. Otto anni dopo molte cose sono cambiate nella vita di Enrica, tranne una: la stanchezza…
Un saggio sui generis, un po’ analisi un po’ diario un po’ autobiografia: il suo punto di vista attraverso la sua vita e le sue esperienze, che però sono così comuni e così vere da avere un che di universale, tanto che potrebbero essere un po’ quelle di ognuno di noi. In una società operosa che corre in avanti e non ha tempo per riposare e dove tutto è frenetico e inarrestabile, finalmente qualcuno ha il coraggio di parlare di stanchezza. Che non è solo una mostrina al merito di una vita piena e goduta, ma qualche volta è anche un limite, un ostacolo, un vortice che trascina con sé la tristezza, l’esaurimento psicofisico, la depressione. Enrica Tesio si rivolge direttamente ai lettori come a un pubblico, senza il rigore scientifico del saggio, ma più come un fluire di pensieri e un presentare e analizzare idee e opinioni, con lo stile ironico e divertente che la contraddistingue. Casa, lavoro, figli ed età adulta, felicità, burocrazia, il sesso e l’amore, social e comunicazione, bellezza e piccole cose: dodici fatiche, una per capitolo, proposte, studiate e raccontate senza vergogna, senza paura di mettersi a nudo. La scrittura è fluida e coinvolgente, autoironica e divertente, intensa al punto giusto per punzecchiare la coscienza e a tratti anche commovente. Numerose citazioni a tutto campo arricchiscono l’opera di spunti e ulteriore cultura. “La fatica parla […] fa fracasso fino ad ammutolirsi quando (appunto) muta in stanchezza”.