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Tutto ciò che siamo stati

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Quando il padre di Anna scompare senza lasciare tracce, tranne un biglietto alla moglie e al figlio, l’unica che può scoprire quale fine abbia fatto è proprio lei. In preda ad una crisi creativa – è una scrittrice – la donna con molta ritrosia ritorna a Napoli, nel suo quartiere, dove immediatamente si accendono mille ricordi: in particolare quello di Ada, la sua amica d’infanzia, che viveva nel suo stesso palazzo, morta suicida dopo la rivelazione della sua relazione con un uomo sposato più grande di lei. Ma anche quelli turbolenti del rapporto con la propria famiglia e del matrimonio difficile tra i genitori. Nonostante Anna speri di ritrovare il padre al più presto per poter riprendere la sua vita intellettuale e lasciarsi alle spalle per la seconda volta quegli odori, quelle grida e, soprattutto, quegli sguardi, l’impresa è più intricata del previsto. Un giorno, accortasi di uno sconosciuto che per la seconda volta nell’arco di pochi giorni si trova dove è lei, decide di affrontarlo, mossa dall’istinto che possa conoscere qualcosa della storia di suo padre. Si ritrova guidata dall’uomo nella chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, davanti all’altarino di Santa Lucia…

Evoluzione del racconto Il primo scalino: l’assalto del passato, vincitore nel 2021 del Premio Open Net delle Giornate Letterarie di Soletta, Tutto ciò che siamo stati potrebbe sembrare di primo acchito quasi un romanzo giallo, la cui trama si sviluppa intorno alla scomparsa misteriosa del padre della protagonista. In realtà, come risulta evidente sin da subito, Olimpia De Girolamo usa questo espediente narrativo per creare un parallelismo tra la ricerca dell’uomo da parte della figlia e il viaggio interiore che quest’ultima compie nei ricordi della sua infanzia; ma, soprattutto, ciò cui l’autrice vuole dare rilievo è la presa di coscienza delle proprie azioni e dell’impatto che queste hanno avuto sulle vite degli altri. Sembra infatti sottesa la tesi - non troppo originale a onor del vero - secondo la quale i modelli familiari che viviamo (ai quali in linea astratta ci si dovrebbe ispirare) e i relativi legami sono destinati ad influire sui comportamenti adulti, i quali magari seppelliscono il dolore provato dalla mancanza d’affetto o dall’assenza o dalle violenze subite. Nonostante nell’opera traspaia indubbiamente un’attenta indagine e osservazione, come appare evidente dalla lucidità e la chiarezza con cui i pensieri di Anna vengono raccontati, tuttavia, in alcuni momenti, la narrazione pecca di carente approfondimento di numerosi passaggi narrativi. Paradossalmente la vicenda viene delineata dettagliatamente sotto il profilo descrittivo, ma scarsamente sotto quello contenutistico, con la sensazione di avere tante cornici ma di perdere il focus della storia e, a volte, anche di Anna stessa. Difatti, senza volersi dilungare con un paragone punto per punto con il ciclo dei romanzi napoletani di Elena Ferrante, nei quali, tra i tanti temi, si racconta con crudezza anche delle violenze subite da parte di Lenù e Lila, da un rapido confronto emerge chiaramente il limite del libro della De Girolamo, la quale nel racconto di episodi analoghi manca dello spessore riscontrabile, invece, ne L’amica geniale. Lo stile è chiaro, semplice e, forse a causa dell’esperienza teatrale dell’autrice, sfrutta “i tempi giusti” tra dialoghi e le parti descrittive, senza eccedere né con gli uni né con le altre.