
Chiude la porta con dolcezza, cercando di non fare rumore, perché teme che il cigolio dei cardini vecchi e arrugginiti possano svegliare il padre. Si sistema lo scialle di lana sulle spalle, sposta una ciocca di capelli dalla fronte e si dirige verso il paese, arroccato in cima a una collina. Si tratta di un gruppo di case una attaccata all’altra, come se dovessero farsi forza a vicenda. Il sole arancione fa capolino da dietro i monti, inondando di luce il campanile. La giovane affretta il passo, mentre le scarpe vecchie e malconce si imbiancano di polvere. Ha appena ricordato cosa le ha detto Manfredi qualche giorno prima, ecco perché sta quasi per correre. L’amico le ha raccontato che i tedeschi si aggirano per i boschi e qualcuno li ha già visti vicino al ruscello. Luce sospira e pensa che, tutto sommato, se si esclude l’umidità delle case e la fame, a lei e agli abitanti del suo piccolo paese non sta andando troppo male. Nelle grandi città, invece, ci sono stati parecchi bombardamenti e i tedeschi hanno occupato quasi tutto. I tedeschi, le ha detto più volte Manfredi, non si fanno scrupoli neppure davanti alle femmine, ma sparano senza pensarci due volte. Luce non li ha mai visti da vicino i tedeschi e, a parte quello del padre quando andava a caccia, non ha mai udito neppure lo scoppio di un fucile. Ciò che al momento lei porta addosso della guerra sono i buchi nei vestiti, la fame che spesso le attanaglia lo stomaco e l’assenza dei suoi fratelli, Sauro e Cosimo, arruolati ormai da anni. Quando arriva al paese, ne imbocca la strada principale, tutta in salita, poi si infila in un vicolo, a destra, scende una rampa di scale piuttosto ripida e arriva in una piazzetta dove si trova la taverna del Maso. Si avvicina alla porta e sente voci provenire dall’interno; bussa e il Maso le apre, non dopo averla rimproverata per andarsene in giro sola a quell’ora del mattino. Luce entra nello stanzone e attende che i suoi occhi si abituino al buio. Eccolo lì Manfredi, seduto in fondo alla stanza insieme ad altri uomini...
A ventun anni non si dovrebbero avere troppi pensieri. A ventun anni si dovrebbe mordere la vita e abbracciare ogni occasione, si dovrebbe ridere, si dovrebbe cantare, si dovrebbe brillare. E Luce, quando nasce, brilla, è una scintilla nel buio, è un sorriso nella miseria e nelle privazioni della guerra. Ecco perché suo padre ha scelto questo nome per lei. A ventun anni, tuttavia, Luce non ha tempo per godere della propria bellezza: deve occuparsi del padre in fin di vita, deve dedicarsi ai duri lavori dei campi e della stalla, deve sfuggire ai tedeschi, che seminano il terrore nella sua Toscana e cercano bersagli facili su cui sfogare i loro più bassi istinti. L’amico di una vita non fa che ripeterglielo e mentre le parla si innamora di lei, capelli biondi e bocca carnosa, ma sa che deve essere delicato, perché Luce non sa ancora cosa sia l’amore. Quando finalmente lo scopre, tuttavia, sarà negli occhi e nel cuore del nemico, ferito e indifeso, che riuscirà ad aprire un varco nel suo cuore e ad abitarlo, per sempre, nonostante tutti e tutto. Il romanzo di Laura Pellegrini è un’intensa storia di amore e di dolore, sullo sfondo di un’Italia teatro della Resistenza e della lotta per la libertà. È una vicenda che mostra varie facce dell’amore, tutte ugualmente potenti: l’amore protettivo di una figlia nei confronti di un padre sempre più debole e vulnerabile; l’amore concreto e rassicurante dell’amico di sempre che rappresenta il porto sicuro presso il quale si è certi di trovare protezione sempre e comunque; l’amore tenace fatto di lacrime, carne e passione che spinge a mettersi in gioco, a scegliere di fidarsi e di affidarsi completamente, pur consapevoli dei rischi e della posta in gioco; l’amore incapace di condividere l’oggetto della propria passione e quello altruista che si sa invece sacrificare, sa fare un passo indietro e, se necessario, sceglie di rinunciare. Luce è un personaggio al quale ci si affeziona subito. È affamata di vita e ha il coraggio e la grinta di chi sa di dover combattere ogni giorno; è delicata e caparbia allo stesso tempo ed è capace di donare amore e di perdonare. Una bella storia, con un finale inatteso, che profuma di altri tempi ma che racchiude in sé un messaggio prepotentemente attuale.