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Tutto iniziò da quel pollice

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Il suo pollice, negli ultimi tempi, è diventato un tormento. Sembra un sorvegliato speciale. Sì, perché da un po’ pare avere una propria identità, una vita che lo anima e lo fa ruotare come una trottola. È diventato una specie di orologio impazzito, con un ritmo irregolare e tutto suo che, inevitabilmente, si ripercuote come un’onda sulle altre dita. Quel pollice trema, eccome. E lui cerca, con tutta la forza di volontà di cui è capace, di fermarlo. Gli impone con la mente di fermarsi. Ma quello evidentemente si è montato la testa e fa quel che gli pare. Quell’unico dito, arrogante e rivoluzionario, si è messo in testa di essere un solista e vorrebbe addirittura imporre il proprio ritmo alle altre dita. Il primo a essere contagiato, quindi, è l’indice che, a causa della vicinanza e del contatto, copia il primo dito e lo asseconda. Poi, via via, tutti gli altri a seguire. La prima cosa che fa, dal momento in cui decide di studiare a fondo quel dito, è misurarlo: sei centimetri e mezzo di lunghezza. Un movimento, quindi, che coinvolge un dito lungo quasi sette centimetri; un tremore cominciato al risveglio di un mattino come tanti, lo stesso in cui gli è stato diagnosticato un destino beffardo, legato a un nome che non potrà mai più scordare: Parkinson. Stanno guardando la TV, lui e sua moglie Ofelia. È lei ad accorgersi che qualcosa non va, che quel dito compie strani movimenti. E a nulla serve il fatto che lui abbia provato, per un po’, a nascondere il problema, a tenere la mano celata al suo sguardo e a quello altrui. Per un po’, addirittura, è convinto che tutto passerà, che ogni cosa tornerà come prima. Ma non passa affatto. Anzi, le cose pian piano peggiorano. Lui si sente goffo e impacciato: sul lavoro o a casa di amici si serve unicamente dell’altra mano per i suoi movimenti e tende a escludere quella che non riesce più a governare. Rinuncia a capirla e si augura che non faccia più parte della sua vita…

Il dottor Rosario Sorrentino, neurologo e scrittore, decide di cimentarsi in un genere letterario che non gli appartiene per raccontare la vicenda di un uomo, un attore teatrale di successo, colpito da una malattia di cui si sente parlare ma della quale si ha paura: il Parkinson. I cambiamenti del corpo, evidenti fin da subito a partire da quel pollice malandrino che pare dotato di vita propria, e dell’anima del protagonista, che piano deve imparare a convivere con una realtà difficile e lontana mille chilometri dalla propria comfort zone, vengono raccontati con semplicità e schiettezza, senza scivolare nella retorica o, peggio, in quel vittimismo in cui si tende a cadere quando la malattia presenta risvolti davvero fortemente impattanti. La scoperta del Parkinson è un fulmine a ciel sereno, una deflagrazione tanto potente da lasciare sbigottito, prima degli altri, lo stesso protagonista, che comincia fin da subito un dialogo interiore, a tratti delirante, con se stesso. Il pollice che non si gestisce diventa il simbolo dell’ineffabile, del destino ingovernabile, del dramma che gli eventi contingenti possono portare alla quotidianità senza intoppi e senza impicci, quella cui in fondo ciascuno di noi anela. E allora, quando una simile calamità si abbatte su una vita apparentemente soddisfatta e luminosa, costellata da una serie di successi su cui i riflettori ancora sono puntati, occorre correggere il tiro; è necessario ricalibrarsi, resettare ogni cosa; reagire e non arrendersi. Si tratta di un percorso in salita, carico di difficoltà e cadute. È un dramma, ma è anche uno sprone a non arrendersi, a combattere, per tutto il tempo che resta da vivere. Perché è proprio della vita che stiamo parlando, quella meravigliosa, difficile, imperfetta e magica avventura che deve continuare finché si può, dito ballerino incluso. Una lettura sobria, che scava nell’animo umano e ne svela paure, dolori, ferite e tentativi di riscatto; un racconto crudo e tenero insieme, consigliato a chiunque trovi il Parkinson lungo la propria strada e anche a chi ama le storie di coraggio, impegno, grinta e forza di volontà.