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Ultramarino

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“D’accordo”, la frase le esce più volte quasi in modo inconsapevole. La domanda non era delle più scontate: si può fermare il cargo per un tuffo nel profondo oceano? Lei, il capitano, comandante di una ciurma di una ventina di uomini, ha poche esitazioni, forse perché l’attira l’idea di immergersi senza pensieri nel blu di un mare sconosciuto, invitante quanto inquietante per la sua profondità. Lei, abituata a vivere in mare, restia alla quotidianità sulla terra, a suo agio su una imbarcazione tanto pesante sulla terra quanto leggera in acqua, non ha esitazioni razionali, ma sente uscire dalla sua bocca quelle due parole: “D’accordo”. Quasi una follia spegnere il radar per non essere visibili dove gli occhi non vedono, spegnere i motori e far scivolare in acqua la scialuppa di salvataggio ed i corpi frenetici che, dopo un primo momento di torpore, prendono vita allontanandosi e sparpagliandosi. C’è un momento in cui sull’enorme cargo non c’è nessuno, sono tutti in acqua: nessuno è neanche vicino alla scialuppa arancione, quello sciame di corpi si muove prima spensierato poi preoccupato verso la linea d’orizzonte, trasportato dalle onde e impavido di fronte al mistero degli abissi. Nessuno si preoccupa di osservare le rigide regole della navigazione, perché tutti sono intenti a sintonizzarsi con i loro corpi in un momento di spensieratezza. Finché non vince il dovere, non vince la necessità di risalire. Sono tutti pronti adesso a riprendere la traversata, l’animale riaccende il motore, anche se sembra fare qualche capriccio. In più ci sono delle novità: gli uomini non sono più gli stessi, venti, ce n’è uno in più. Dopo il tuffo nel profondo oceano, l’incantesimo si è rotto, il viaggio riprende, ma non è più come prima: l’idea luminosa del tuffo nella libertà lascia il posto all’insinuarsi di nuovi dubbi e nuovi desideri…

Il libro di Mariette Navarro nasce da un’esperienza autobiografica fatta dalla stessa scrittrice nel 2012, ovvero una traversata in un cargo con altri scrittori. Durante il viaggio la scrittrice ha raccolto in un taccuino le sensazioni fisiche provate nel cavalcare un animale metallico, la capacità del suo corpo di trasformarsi e di sincronizzarsi con il mare, il sale, l’olio, la benzina del cargo. Il brogliaccio è poi oggetto di una revisione anni dopo, nel 2016, e diventa un romanzo intenso, profondo quanto i fondali dell’oceano. Non è soltanto un romanzo in senso stretto, ma la descrizione di una metamorfosi, quella di una donna che prende sembianze e sentori della macchina, che abbandona il suo autocontrollo per lasciarsi cullare dal desiderio di libertà, fuori dalle regole stringenti e routinarie della navigazione. Non a caso proprio il bagno improvviso, inspiegabile, fa da spartiacque nella vicenda: il tuffo nelle acque profonde, il freddo che si impadronisce dei corpi e li rigenera, è l’inizio di un cambiamento della stessa macchina, “l’animale” che smette di rispondere ai comandi e consegna ai suoi ospiti l’alternativa possibile di un’esistenza diversa, alternativa. Scritto come un diario intimo, la narrazione del libro assomiglia ad una raccolta ordinata di pensieri, ad un percorso interiore che fa del viaggio la metafora viva della salvezza dalla tenaglia dell’ordinario. Ma è anche una riflessione ecologista sulla tirannia delle macchine che affoga gli istinti naturali, ed immersivi, degli uomini.