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Un bacio con gli occhi

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Dicembre 2019. È una Milano piovosa e arruffata quella che accoglie Agata, che guida tra le strade di una città che non conosce - cercando di schivare i pedoni che attraversano la strada come se fosse il giardino di casa loro - con la stessa ansia con cui ha affrontato gli esami del suo corso universitario. In realtà, Agata oggi è davvero felice ed è questo ciò a cui sta pensando mentre Google Maps la avvisa che la sua destinazione è stata raggiunta. Si tratta di un palazzo vecchiotto ma ben tenuto, con una facciata di mattoni rossi, un atrio elegante e un’ampia scala di marmo coperta da una passatoia verde scuro ormai consunta. Un ascensore in ferro battuto conduce Agata al terzo piano. La ragazza inserisce la chiave nella toppa di una porta in legno scuro, al di là della quale la attendono Chiara - la sua coinquilina - e la sua nuova vita, quella di Specializzanda in oncoematologia in un importante ospedale milanese. Nel frattempo, proprio nell’ospedale in cui tra poche ore Agata metterà piede per la prima volta, il dottor Edoardo Ruggeri ha già fatto un primo giro per controllare come abbiano trascorso la notte i suoi pazienti. Si sofferma in particolar modo nell’area dei trapiantati. Due su cinque hanno la temperatura in rialzo e non sembrano rispondere al trattamento antibiotico. È necessario controllare i loro parametri ogni mezz’ora e programmare nuovi esami di laboratorio. Edoardo controlla poi tutte le cartelle cliniche dei pazienti e continua a stupirsi della sciatteria con cui gli specializzandi le compilano. Tra poco ci sarà l’incontro di aggiornamento quotidiano, quindi il secondo giro con i giovani apprendisti. Con loro Edoardo è piuttosto severo, perché ci tiene che ogni fase del lavoro venga eseguita con la cura, la disciplina e il rigore che la responsabilità legata alla loro professione impone. Mentre si dirige verso le macchinette automatiche per un caffè, Edoardo incontra Sue Ellen Brambilla - nome proprio alquanto singolare per una milanese doc - primario della clinica che, a partire dal prossimo mese di marzo, lascerà il suo incarico per ricoprire una posizione prestigiosa presso l’Agenzia Italiana del Farmaco…

Il 2020 è un anno che difficilmente potrà essere dimenticato: la pandemia da Covid-19 è una realtà che ha sconvolto gli equilibri dell’intero pianeta e ha costretto a disegnare nuove dinamiche e un diverso modo di rapportarsi. È questo lo sfondo, ingombrante e pesante, sul quale si muovono i protagonisti del nuovo romanzo di Virginia Bramati, autrice milanese che torna nelle librerie a due anni di distanza dall’ultimo romanzo. Agata e Edoardo si incontrano in ospedale, nella più classica delle circostanze: giovane specializzanda lei e severo primario lui. Agata vanta un passato in giro per il mondo, al seguito di due genitori - padre direttore d’orchestra e madre pianista - alquanto scomodi, che tendono a disegnare i paletti all’interno dei quali desiderano si muova la vita della figlia. Ecco allora che il trasferimento a Milano e la convivenza in una nuova casa con una coinquilina che buca la pagina - insieme alla fantastica Madre - segnano l’inizio di un periodo nuovo, di crescita personale e vera affermazione di sé e della propria indipendenza. Edoardo, d’altra parte, è un uomo tutto d’un pezzo, serio professionista amato e temuto dagli specializzandi e amorevole zio per il nipote - che circostanze contingenti portano a trasferirsi a casa sua -, scapolo impenitente le cui certezze cominciano a scricchiolare quando il suo sguardo si posa su quello imbarazzato e trasparente di Agata. Giochi di occhi che si ricorrono mentre tentano di scambiarsi timidi baci; di dita coperte dai guanti che si sfiorano, mentre la realtà si fa sempre più pesante e costringe ad affrontare un mostro che spaventa, mina ogni certezza e semina desolazione e morte. Non è semplice leggere le immagini di un’atmosfera angosciosa, ancora così dolorosamente prossima alla contemporaneità. Tuttavia, il sentimento nuovo, che pian piano pianta radici solide oltre il cumulo di macerie che la pandemia ha causato, è un potente grido di speranza che aiuta a trovare la forza di credere di nuovo ai sogni, quelli che scaldano l’anima e allargano il cuore, quelli che fanno sperare che il peggio sia ormai alle spalle e che il futuro abbia i colori tenui della speranza.