
Ada è quasi pronta per andare a cena, è il compleanno di sua figlia Elisa. Lei ha scelto una taverna gourmet alla Darsena milanese. Lì Elisa ci ha lavorato come cameriera, conosce il proprietario e le farà lo sconto. Ada si prepara con cura: parrucchiere per coprire la ricrescita e abito nuovo di Luisa Spagnoli. Hanno un rapporto difficile, le parole tra loro sono sempre affilate. Per essere un mercoledì di metà giugno, alle otto di sera, il ristorante è già pieno. Si siedono all’aperto e ordinano: gnocchi, orata e vino. Entrambe accendono una sigaretta per coprire il nervosismo. Elisa negli ultimi tempi è cambiata: trucco leggero, jeans senza strappi e via il chiodo dalla lingua. I piatti ordinati tardano ad arrivare e Ada si innervosisce. Non esce mai la sera e non frequenta nessuno, anche se la figlia la sprona a farlo. Elisa ha voluto quella cena per confrontarsi con sua madre, per tirare fuori parte del disagio che ha dentro. Ada irrigidita pensa che sua figlia sia malata, incinta o innamorata del suo professore di inglese. Niente di tutto questo. Elisa vuole parlare dell’università. È ad un punto morto e non ha più le forze di finire, anche se le manca poco. Vorrebbe allontanarsi da Milano per un po’, magari andare in Inghilterra. Prendersi del tempo. Ada rifiuta questa idea, ha sacrificato tutto per lei, anche se stessa. Nervosamente prende la borsa, vuole pagare il conto, ma la figlia la precede. Hanno alzato la voce e le persone sedute ai tavoli vicini le guardano. Si incamminano, hanno entrambe la consapevolezza che non sono riuscite a comunicare. Ogni gesto sembra sbagliato, ogni parola, seppur con buona intenzione è di troppo. Elisa dovrebbe uscire a festeggiare con gli amici, ma decide di accompagnare a casa la madre, che non lo desidera affatto. Niente lascia presagire quello che sarebbe successo: una fuga di gas, Elisa che sparisce. “Forse, se ne avesse avuto coscienza, avrebbe potuto confessarle che la ammirava in un modo strano e terribile, perché può arrivare il momento in cui si deve avere il coraggio di bruciare tutto, anche la propria madre”…
Un bacio dietro al ginocchio narra del distacco tra madre e figlia. Ada ha un’età che la porta a fare un primo bilancio della sua vita, mentre Elisa, poco più che ventenne, deve ancora entrare nel mondo e costruire la sua storia. Nel romanzo questo distacco avviene in maniera traumatica e violenta, sicuramente in modo del tutto inaspettato per la madre e un po’ anche per la figlia. Tutto quello che di feroce fa Elisa nei confronti di Ada non è premeditato. Organizza un viaggio in modo estemporaneo, quasi per rabbia. Viaggio che forse non avrebbe fatto, se la sera del suo compleanno avesse avuto una reazione diversa da parte della madre. Ada è una donna molto insicura. Teme il giudizio della figlia e degli altri. Sappiamo poco di lei, è venuta a Milano a studiare, ha rotto ogni rapporto con la famiglia di origine, ha passato tante difficoltà e si è dovuta costruire da sola. Il padre di Elisa non è presente nella storia. Sono due donne che vivono sotto lo stesso tetto, ma non si conoscono davvero. La madre non si rassegna a lasciar andare la figlia, è il solo affetto che ha. Fa quello che può, le paga gli studi, la vorrebbe vedere ben sistemata, senza considerarne i desideri. La ferocia di Elisa non deriva da un evento traumatico. Pur essendoci una rabbia repressa, manifestata in piccoli gesti, la premeditazione non c’è. È uno stillicidio della normalità. Carmen Totaro ha evitato le spiegazioni del gesto distruttivo di Elisa. Non ha voluto ricondurlo a un quadro psicologico preciso, ad un trauma subito o a una patologia, per evitare di sminuire i personaggi. L’autrice lascia parlare il testo, facendo emergere via via gli elementi di tensione. È come una fotografia di questi due personaggi in un momento preciso della loro vita. Elisa cerca di comunicare il suo disagio alla madre, ma lo fa in modo maldestro, impacciato e disarticolato. A cena tenta di dire qualche cosa di vero di sé, di aderire alla sua vera natura, che è profonda e nascosta agli occhi della madre. Se Ada cerca di sminuire la stanchezza della figlia e la sua voglia di andarsene, Elisa percepisce come violenza questo atteggiamento della madre. Ada non capisce e non ascolta ed Elisa si sente non vista e, travolta dalle emozioni, agisce. La sua rabbia deriva da una continua frustrazione. Tra loro non accade niente di eclatante, tutto cova sottotraccia. Il grumo di silenzio e di parole non dette, la mancanza di un vocabolario affettivo comune non si scalfisce con una sola sera a cena. La loro modalità di comunicazione, basata sull’incomprensione, non cambia. Il libro è a capitoli alterni madre-figlia ed entrambi appassionano, pur senza prendere le parti di nessuno, ogni capitolo aggiunge e spiega le due donne. La compassione per entrambe è insita nella scrittura dell’autrice, immedesimandosi in loro e facendone risaltare i caratteri. Lo stile è asciutto, con pochi aggettivi, molto cinematografico e il finale è aperto. In esergo una citazione tratta da Autobiografia di mia madre di Jamaica Kinkaid, libro che l’autrice ha letto circa venti anni fa e che adora, perché analizza il legame col materno da cui non si può prescindere. Il titolo del romanzo Un bacio dietro al ginocchio prende spunto dalla Poesia del ginocchio di Anne Sexton, inserita nel testo sotto forma di tatuaggio.