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Un diario del ‘43

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L’umore del commissario Montalbano non è dei migliori quella mattina, e quando arriva in ufficio l’ultima cosa che vorrebbe è decrittare l’elenco di Catarella con i nomi di coloro che già hanno chiamato chiedendo di lui. Tra tutte le seccature a cui quei nomi corrispondono, “presitte Purcio” è l’unica buona nuova. Deve trattarsi certamente del preside Burgio, simpatico “sittantino” incontrato anni prima insieme a sua moglie Angelina durante un’indagine, per la soluzione della quale i due si erano rivelati preziosi. In effetti è da un po’ che non lo sente e quando lo richiama riceve un invito a cena per quella sera stessa. Montalbano accetta volentieri, la compagnia è piacevole e la cucina della signora Angelina è semplice ma buona. Dopo cena, il preside rivela al commissario il motivo dell’invito. È venuto per caso in possesso di vecchie carte che un suo amico, il geometra Cusumano, ha rinvenuto durante le operazioni di demolizione di un vecchio silo, ormai cadente e pericolante, costruito nel 1932 quando Mussolini aveva dichiarato la cosiddetta battaglia del grano; a Montalbano mostra un quaderno ingiallito, in copertina Mussolini in alta uniforme in posa nel saluto fascista. Si tratta del diario saltuario di un quindicenne di Vigàta, Carlo Zanchi, fascista appassionato, che riporta fatti per lui importanti all’indomani dello sbarco degli alleati in Sicilia, avvenuto la notte tra il 9 e il 10 luglio 1943. Per esempio, il 6 settembre il ragazzo appunta desolato tutto il suo disprezzo nei confronti delle donne del posto che ha visto prostituirsi con i “negri invasori”. Parla poi di quattro bombe “rosse e nere che si chiamano Balilla” che è riuscito a nascondere e aggiunge “Duce, saprò servirmene!”. L’ultima notazione è del 10 ottobre: “L’ho fatto. Sono vivo. È stato terribile, tremendo. Non pensavo che… Dio mi perdoni!”. Che cosa è successo di così terribile quel giorno? Perché il giovane Carlo non ha scritto più nulla? L’anima “da sbirro” di Salvo Montalbano non può restare indifferente a questo mistero perduto nel tempo. Ma cercare di scoprire cosa è avvenuto a Vigàta il 10 ottobre 1943 non è affatto una cosa facile…

Questa indagine di Montalbano a ritroso nel passato esce nella collana digitale Corti di Sellerio, ma è tratta dalla raccolta Un mese con Montalbano pubblicata per la prima volta da Mondadori nel 1998 e poi da Sellerio nel 2017. Si tratta di uno di quei racconti nei quali in nostro amato commissario si cimenta in quelli che nelle serie tv si chiamano “cold case”, ovvero indagini che riguardano delitti che risalgono a diversi anni addietro ed eventi che nessuno ricorda più. Montalbano, come sempre, non resiste alla curiosità di scoprire i fatti e ricostruire l’accaduto, come gli capita spesso con l’aiuto di anziani arzilli e volenterosi. A volte, come in questo caso, rischia anche di pentirsene perché finisce per riaprire inutilmente vecchie ferite. Eppure, in qualche modo, la sensazione che lo pervade – e che finisce per coinvolgere i suoi lettori – è quella di riuscire in qualche modo a chiudere dei cerchi. Da questo racconto – e da un altro tratto dalla stessa raccolta intitolato Being Here, entrambi ispirati dalla caduta del fascismo e dal caos civile e morale che seguì all’8 settembre – è stato tratto il 34° Film Tv della serie nel 2019, l’ultimo per la regia del compianto Alberto Sironi.