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Un inganno di troppo

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L’ex capitano Maya Stern sta seppellendo suo marito Joe in un cimitero a pochi passi da un istituto scolastico da dove arrivano le voci dei bambini. Pensa che sia una cosa singolare, magari capitata e basta o magari intenzionalmente voluta. E pensa che al funerale di suo marito c’è davvero tanta gente. Troppa gente. Certo, Joe proveniva da una famiglia in vista, ma lei ritiene che tutta quella partecipazione derivi anche dalle efferate circostanze che hanno portato alla morte di suo marito. Scalpore e curiosità. Ecco perché ci sono tutte quelle persone. Questo pensa Maya, e insieme pensa a tante altre cose. Al primo incontro con Joe durante un ricevimento ufficiale in cui lei era in divisa e l’affascinante e bellissimo uomo, rampollo di una ricca dinastia, si era avvicinato proprio a lei, sfoderando tuto il suo carisma e corteggiandola in maniera banale ma evidentemente efficace, dato che Maya proprio non era riuscita a resistergli. E così si erano sposati in fretta e dopo un anno è nata la loro unica figlia. Una bimba che ora è al cimitero insieme alla madre e guarda seppellire il proprio padre a soli due anni di età e senza probabilmente neppure comprendere davvero cosa stia succedendo. Maya è stata combattuta fino alla fine se far partecipare sua figlia al funerale del padre. Non è un po’ troppo piccola? Si è chiesta. E cosa indossa una bambina di due anni a un funerale così formale? A strappare Maya da questi pensieri è la voce del prete che meccanicamente declama: “Polvere alla polvere” mentre la bara di Joe viene calata nella fossa con robuste funi. Joe. Suo marito Joe, barbaramente assassinato in un parco cittadino senza che lei potesse fare nulla se non chiedere aiuto con tutto il fiato che aveva in gola. Lei, Maya Stern, che ha salvato così tante persone nella sua vita, perché non è riuscita a salvare suo marito?

Harlan Coben sa scrivere thriller. Li sa scrivere dannatamente bene e Un inganno di troppo non fa altro che confermare il suo talento. La storia c’è e il ritmo, che rimane “andante mosso” per tutte le oltre trecentocinquanta pagine, pure. E queste due cose da sole basterebbero già a soddisfare il lettore. L’autore, però, fa addirittura di più: trasforma l’emozione personale della protagonista in una trepidazione collettiva. Maya vede qualcosa che non dovrebbe vedere o meglio che la sconvolge e devasta completamente e il suo stato d’animo diventa quello di chi legge. Il passo successivo è dimenticarsi del “fatto”, dell’accaduto in sé e lasciarsi travolgere esclusivamente dalla suspense della trama così che il libro possa trasformarsi in un set cinematografico e le pagine delle vere e proprie scene in cui le parole si mutano in immagini. La scrittura di Coben, allora, travalica la storia e il soggetto del libro e focalizza il suo fine sullo stravolgimento delle emozioni del lettore. E che l’autore abbia unicamente questo intento (la scrittura per immagini) lo si intuisce fin dalle prime pagine quando racconta del cardigan usato dal babbo della protagonista quale “divisa” ufficiale per correggere le tesi di laurea dei suoi studenti. Stando così le cose anche parlare di thriller puro per Un inganno di troppo potrebbe sembrare non completamente corretto, e invece Coben, che si sente profondamente e convintamente uno scrittore di genere, sa che deve anche spiazzare per bene i lettori e così fa, con un finale ad effetto che del thriller puro ha assolutamente tutto. Per chi ama il genere, un romanzo da tenere indubbiamente sugli scaffali di casa.