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Un uomo da ricostruire

Un uomo da ricostruire

Un uomo accusato di reati di natura finanziaria, convinto di essere vittima di un’ingiustizia e di non avere alcuna possibilità di rovesciare una sentenza già scritta, decide di non attendere la decisione della Cassazione e si dà alla fuga, facendo perdere le sue tracce. Ripara a Kiev, in Ucraina, dove comincia a scrivere su un blog, cosa che gli apre anche le porte di alcune collaborazioni giornalistiche. Ma il pensiero corre costante all’Italia, dove è rimasta la sua famiglia con la quale tiene un continuo contatto. Così un giorno, in prossimità del compimento dei sessantacinque anni, prende la decisione di presentarsi spontaneamente all’Ambasciata di Kiev per rientrare in Italia e attivare anche la richiesta di revisione del processo. La sua decisione lascia dapprima perplessi i funzionari, visto che il suo nominativo non appare nella lista dei ricercati e nemmeno in quella dell’Interpol. Dopo alcune ricerche, però, si ritrovano gli estremi della sua condanna definitiva a sei anni di reclusione. Per l’uomo si aprono così le porte della Casa Circondariale di Bergamo, dove gli sarà data la possibilità di rivedere moglie e figli ma anche di conoscere una realtà estrema, nella quale avrà modo di affrontare un lungo percorso personale di riflessione e di ricostruzione della propria identità...

Si percepisce subito che alla base di Un uomo da ricostruire vi sia una forte esigenza comunicativa, frutto con ogni probabilità anche di un vissuto personale molto sofferto. Purtroppo, l’esito finale dimostra come a volte l’eccessivo coinvolgimento emotivo nella materia trattata possa rappresentare uno dei peggiori pericoli per uno scrittore. Troppa carne al fuoco, troppe emozioni da trasmettere sulla pagina, troppe questioni da affrontare. Il tutto si traduce in una notevole confusione. Confusione a livello strutturale: in certi tratti non si capisce se Un uomo da ricostruire sia un romanzo o un racconto autobiografico o magari un saggio o un pamphlet, viste le lunghe inserzioni dedicate ad esempio alla discussione di temi legati alla condizione dei carcerati in Italia. Confusione a livello di punti di vista: il libro si apre con la narrazione della figlia del protagonista per poi virare bruscamente dopo una decina di pagine al racconto in prima persona e poi chiudersi con una cinquantina di pagine che sembrano, anche strutturalmente, stralci di un diario. Confusione in certi passaggi anche stilistica, con salti di tempi verbali all’interno della stessa frase o da una frase a quella successiva. Un vero peccato: un progetto tanto ambizioso, e una esperienza di vita tanto interessante e dolorosa, avrebbero meritato un pizzico di attenzione e di cura in più.