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Una famiglia moderna

Una famiglia moderna

L’aereo sta sorvolando le Alpi, diretto in Italia. A bordo c’è anche la famiglia di Liv: il marito Olaf con i figli Agnar e Hedda, il fratello Håkon, la sorella Ellen con il fidanzato Simen e i genitori, Sverre e Torill. Trascorreranno due giorni a Roma per poi trasferirsi nella casa del fratello di Olaf, in un paesello sulla costa. L’anno prima, durante la sua festa di compleanno, Sverre ha battuto il bicchiere sul tavolo e annunciato che al compleanno successivo avrebbe fatto un regalo a se stesso e alla famiglia: un viaggio per tutti, crepasse l’avarizia. È da una ventina di anni che non fanno un viaggio tutti insieme e Liv prova un senso di estraneità, come se allontanarsi da Oslo, dalla casa di Tåsen, dagli sfondi abituali, dai soliti schemi di conversazione, dagli incontri e dai posti fissi intorno al tavolo, abbia modificato le dinamiche relazionali. Le sembra che nessuno sappia più come comportarsi, che spazio occupare, che ruolo assumere. Una volta giunti nella grande villa immersa nella vegetazione e affacciata sul Mediterraneo, è Torill a preparare la cena per i settant’anni del marito, ma sulla terrazza, al tramonto, con l’aria che sa di lavanda e di pini marittimi, si rifiuta di tenere il suo abituale discorso: è strano che proprio quest’anno abbia deciso di non dire una parola. Alle insistenze dei figli, che hanno colto gli sguardi, le parole e gli inspiegabili cambiamenti nei genitori, Sverre risponde senza mezzi termini che hanno deciso di separarsi: ne hanno discusso a lungo, cercando una soluzione diversa, ma il fatto è che si sono allontanati l’uno dall’altra e, dopo quarant’anni di matrimonio, hanno smesso di essere una coppia ben assortita. O forse non lo sono mai stati...

“Io sono una ragazza – pardon, una signora – di trentotto anni, i miei genitori ne hanno settanta e un anno fa hanno deciso di separarsi, la qual cosa ha fatto crollare l’impalcatura sulla quale, a quanto pare, poggiavano l’affetto, la confidenza e la naturalità della nostra famiglia, così adesso ci siamo allontanati fin quasi a diventare estranei gli uni agli altri”. Si potrebbero riassumere così, con le parole di Ellen, le conseguenze del divorzio fra Sverre e Torill: entrambi hanno cercato di inculcare nei figli il valore di “tener duro”, di finire quello che si è iniziato e adesso a mollare il colpo sono loro. Il divorzio tardivo dei genitori viene vissuto dai figli già adulti come un’esperienza traumatica: oppresse da problemi personali, sono le figlie a soffrire maggiormente per la perdita di un importante punto di riferimento, la famiglia. Con il divorzio sono venute a mancare non solo le tradizioni, le abitudini e i riti che l’hanno caratterizzata, ma anche le aspettative, le speranze, i sogni, la fiducia nel futuro, così come era stato immaginato. La narrazione si sviluppa dunque alternando i punti di vista di Liv ed Ellen, cui si aggiunge, nella parte finale, quello del fratello minore. Il passato, le relazioni e alcuni episodi di vita familiare vengono analizzati, ricostruiti e riconsiderati in modo diverso alla luce della nuova situazione: tutto ciò che ha lasciato una traccia, visto con lo sguardo di oggi, segna il confine fra il “prima” e il “dopo”. Anche se a unirli sono le stesse espressioni, la stessa gestualità, lo stesso modo di ragionare, di parlare e di ridere, ciascuno dei tre, all’insaputa degli altri, ha qualcosa da recriminare, da invidiare o da rinfacciare: di aver avuto più responsabilità, di non aver avuto le stesse attenzioni, di essere stato considerato più fragile... Eppure, non sono una famiglia moderna? Non dovrebbe essere normale, nel terzo millennio, che due coniugi che sentono di aver avuto tutto dall’altro e dal matrimonio, si separino, e che i figli non ne facciano una tragedia? Invece, Liv mostra tutta la sua insicurezza e sofferenza, provocando una crisi nel suo matrimonio; Ellen manifesta i sintomi di un esaurimento nervoso che metterà in discussione il rapporto con il compagno. Persino le ferree convinzioni di Håkon — che ha sempre creduto nell’amore libero e guarda con scetticismo Liv, indissolubilmente unita a Olaf, come in un ergastolo senza possibilità di grazia, ed Ellen nella sua incessante ricerca dell’uomo giusto che le possa offrire il mondo intero — vacillano. Helga Flatland — alla quale si perdona qualche luogo comune sugli italiani — mette in scena le difficoltà, le contraddizioni, le ambivalenze e le sfide che le famiglie moderne — o considerate tali — devono ancora affrontare, divise come sono fra il bisogno di libertà e il bisogno di un punto di riferimento stabile. Il suo non è un manuale o una guida per la felicità, ma potrà aiutare a comprendere come, a volte, i ruoli di figli e di genitori non sono poi così ben definiti e la famiglia, più che proteggere deve far comprendere e accettare la complessità del mondo e delle relazioni.