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Una principessa in fuga

Una principessa in fuga
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Nell’Europa meridionale, molto vicino all’Italia, sorge il Granducato di Lothen-Kunitz. Kunitz è la capitale, là dove sorge il castello, e proprio qui risiede la ventunenne principessa Priscilla. Priscilla, nonostante sia in età di matrimonio, non si è ancora sposata, al contrario delle sue due sorelle ‒ accasate come si conviene ‒ ed abita con il padre, uomo duro e irascibile, specie da quando è mancata l’eccentrica moglie. La giovane principessa è di una bellezza incantevole, con labbra carnose, occhi azzurri, dotata di una altezza fuori dal comune e pare non possa mancarle niente, tanto meno i pretendenti. In realtà Priscilla non è felice: ha un forte senso di insoddisfazione e trova estremamente volgare ogni lusso e agio; il fatto di non poter gestire la propria vita liberamente la opprime. Ha un animo romantico, non c’è che dire, sogna avventure e amori passionali, ha il forte desiderio di immergersi nella vita quotidiana, di vedere cosa c’è al di fuori delle mura del suo castello. E in questo suo desiderio viene supportata dal bibliotecario, nonché insegnante di inglese, Herr Fritzing, un docile e modesto uomo amante delle poesie che spera di trovare le risposte a tutti i suoi quesiti nei libri. Così, i due, seppur con i dubbi del caso, si mettono in testa di fuggire, per tentare di trovare il proprio posto nel mondo senza la sovrastruttura e gli agi che li circondano...

Ecco un altro romanzo della prolifica scrittrice Elizabeth von Arnim, vissuta a cavallo tra il XIX e il XX secolo, nata in Australia ma vissuta tra l’Europa e gli Stati Uniti, con due matrimoni alle spalle e H.G. Wells come amante. Pur se pubblicata nel 1905, questa storia ‒ da cui sono stati tratti due film negli anni trenta ‒ come molti altri romanzi dell’autrice, ha tratti moderni, e la scrittura abile e scorrevole non manca mai di stupire e, soprattutto, far sorridere. L’autrice è presente in maniera importante nell’opera, la sua voce narrante interviene spesso e volentieri, con commenti sagaci e ironici (come quando afferma che, piuttosto di proseguire nella narrazione, preferirebbe starsene seduta ad ammirare i crochi); anche qui si respira la sua passione per la natura ed una certa dose di irrequietezza ed insofferenza verso le norme imposte dalla società. Altra protagonista del romanzo è la sorte, che a volte arride e a volte ostacola, e sembra divertirsi a guardare dall’alto le vicende dei protagonisti, senza in effetti curarsi troppo di loro e della loro felicità. A quest’ultima, pare voler suggerire la von Arnim, dobbiamo pensare noi, cercando di comprendere cosa ci rende davvero felici, se una vita fatta di tappe già segnate oppure la ricerca, pur se faticosa, delle inclinazioni del nostro animo. Anche il finale, che naturalmente non riveleremo, sembra proprio far emergere i dubbi dell’autrice sullo spinoso e forse mai risolto tema della felicità personale, e il suo non voler darci soluzioni troppo facili porta inevitabilmente il lettore, al di là della storia piacevole e leggera narrata, a riflettere sulla propria vita.