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Una regata mortale

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Anni Trenta. Martin Denham è appena sceso dal treno che lo conduce dall’ufficio di Londra a casa della madre, a Wissingham, sulla riva del fiume. L’aria rovente dello scompartimento lo ha sfinito e non vede l’ora di arrivare a casa e poter sorseggiare un tè, magari in compagnia di un buon libro. La vista di una giovane donna, tuttavia, gli fa dimenticare ogni forma di stanchezza: la giovane è scesa dal suo stesso treno e, evidentemente, non intende trascorrere a Wissingham solo il fine settimana, perché trascina un’enorme valigia, un borsone e quello che sembra un cavalletto. Fuori dalla stazione non si vedono né auto, né carrozze, ma solo un lungo viale vuoto e delimitato da castagni in fiore. Martin, con una scusa, si avvicina alla ragazza in modo da poterla osservare: è alta e snella e il suo viso lascia trasparire un carattere deciso. Martin la sente riferire al capostazione che qualcuno sarebbe dovuto venire a prenderla, ma, dal momento che pare non esserci anima viva, vuole sapere come fare per prenotare un taxi. Allora Martin coglie al volo l’opportunità e si offre di chiamarne uno per lei, dal momento che nel suo tragitto verso casa passerà davanti a una stazione di taxi, appunto. Mentre i due sono quindi impegnati in una breve conversazione, arriva una vettura verde pallido, guidata a tutta velocità. Si tratta di Merle Holroyd, che si scusa per il ritardo con l’amica: ha forato e ha perso tempo lungo il tragitto verso la stazione. Martin conosce bene Merle: minuta, rapida nei movimenti e completamente fuori luogo in quella località della campagna inglese, la giovane è moglie di Leonard Holroy e sul suo conto, a Wissingham, girano chiacchiere non proprio edificanti. Merle presenta a Martin la sua ospite: si tratta di Daria Lane, la sua migliore amica. Le due non si vedono dal giorno del matrimonio di Merle e, poiché Daria si tratterà un po’ di tempo presso casa Holroy ed è bene coltivi qualche amicizia, Merle non esita a invitare Martin per la cena di quello stesso giorno. Martin, ovviamente, acconsente senza esitare: non vede l’ora di approfondire la conoscenza di quella giovane che tanto l’ha colpito. Sulla strada verso casa, intanto, Merle aggiorna l’amica. E non si tratta di notizie confortanti: i due sposi non vivono soli, ma con la suocera e con Ida Pelham- Reeve, la nipote della signora Holroyd. Per farla breve, conclude Merle, si tratta di un vero e proprio inferno…

Un piccolo gioiello. Il romanzo di Editha Aceituna Griffin - scrittrice nata a Gibilterra nel 1876 e morta a Kensington nel 1949, autrice di oltre dodici romanzi tra gialli e romanzi storici, che hanno trovato risonanza anche in Australia - è un piccolo capolavoro che, scritto intorno agli anni Trenta del secolo scorso - la Golden Age, per intenderci - presenta un ritratto della campagna inglese del tempo, su cui si muovono personaggi che rappresentano le vari classi sociali dell’epoca, con le loro caratteristiche, regole e formalismi. In un borgo di campagna, uno di quelli in cui si sa tutto di tutti - e quel che non si sa si inventa - arriva come un ciclone un nuovo personaggio, che scompagina nel profondo la fissità di una delle famiglie più in vista del paese. L’uragano Merle è destinato a sconvolgere equilibri e a far parlare di sé più di un bigotto locale: il suo matrimonio con Leonard mostra una facciata luccicante che nasconde, non troppo bene in realtà, più di una falla. E quando Daria Lane, amica intima di Merle, la raggiunge dopo un lungo soggiorno in Italia, impiega meno di un sospiro per capire che parecchia polvere viene nascosta con regolarità sotto i tappeti di casa Holroyd. L’assassinio di Merle sarà l’elemento scatenante che spingerà Daria a cercare il vero colpevole, impegnandosi in un’indagine parallela a quella della polizia locale, che si accontenta di identificarlo in un vagabondo che, secondo Daria, nulla ha invece a che fare con il delitto. Ecco quindi che, attraverso Daria, il lettore viene invitato a scavare a fondo e a scoperchiare un vaso di Pandora che racchiude segreti e scomode verità, prima fra tutte la consapevolezza che un criminale spesso si nasconde dove meno ci si aspetta di trovarlo, anche tra i membri apparentemente insospettabili di un’illustre famiglia. Un romanzo piacevole, le cui pagine scorrono rapide e permettono al lettore di immergersi in una realtà lontana, nel tempo, da quella presente, ma sempre attuale; una realtà in cui l’avidità, la sete di potere e il valore attribuito all’apparenza dettano legge e la fanno da padroni. Comportamenti frutto di una vigliaccheria che, purtroppo, non ha età.