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Una roccia per tuffarsi nell'Hudson

Una roccia per tuffarsi nell'Hudson
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Ira Stigman, giovane ebreo, vive la sua adolescenza nella New York degli anni ‘20. La sua vita si svolge in un tran tran disturbato dalla pressione della famiglia, dall’autoisolamento dato dalla sua condotta deprecabile alla scuola media superiore Stuyvesant e da un senso di non appartenenza al suo tempo. Impossibilitato a continuare la carriera scolastica per un furto ai danni dei compagni, sarà costretto a trovare un lavoretto dietro l’altro per accontentare i genitori: dal bigliettaio di autobus al venditore di bibite allo stadio. Man mano che cresce, il giovane Ira capisce però che la sua intelligenza gli può conferire non solo motivi di autocommiserazione, bensì sicurezza e una notevole carica di indipendenza che lo porteranno alla costruzione dell’autostima necessaria a superare l’adolescenza. Riuscirà quindi a proseguire la sua carriera scolastica, pur restando un reietto, introverso e dalle discutibili abitudini sessuali. Il giovane troverà infatti solo in pochi selezionati amici e compagni un legame che lo condurrà per mano fino all’esperienza nel City College della metropoli nordamericana...
Il baseball, le espressioni yiddish, la routine delle classi meno abbienti in un America ostile e puritana, l’identità ebraica ostentata a più non posso sono i pilastri su cui si regge questo romanzo di formazione - secondo libro della serie Alla mercé di una brutale corrente - che viene interrotto dall’espediente narrativo di un vecchio Ira che ridiscute se pubblicare o meno le sue memorie alla fine di ogni capitolo. La narrazione è comunque lenta e - a parte qualche colpo di scena sulla vicenda morbosa con la sorella Minnie - la fabula si dipana in maniera affannosa, quasi forzata. Non c’è l’umorismo de La versione di Barney, o il wit di un Woody Allen di turno: il povero Ira sembra perseguitato da una infinita serie negativa di accadimenti che alla lunga non sono altro che variazioni su un unico tema di profonda e incurabile malinconia. Sicuramente non adatto per chi voglia trascorrere qualche ora di relax, questo libro non raggiunge gli standard di Chiamalo sonno, capolavoro indiscusso dell’autore galiziano naturalizzato americano. Visto però che la sua gestazione è durata una vita (lo scrittore ha ripreso a scrivere a 73 anni il suo secondo romanzo) è anche una testimonianza indimenticabile del processo di svelamento della memoria di un genio del Novecento molto spesso dimenticato.