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Una specie di vento

Una specie di vento

Redento Peroni aspetta. Aspetta da quarantaquattro anni. Il 28 maggio 1974 si è salvato grazie a un gesto gentile di uno sconosciuto, Bartolomeo Talenti: “Ragazzo, vieni sotto il portico, ché piove”. Pioveva, infatti. Gli ha sorriso e dopo scoprirà che Bartolomeo è una delle otto vittime. Restare lucido è stato difficile. Ricorda lo spostamento d’aria, una specie di vento, ricorda l’odore di bruciato, il sangue e le viscere di qualcuno sulla faccia, ricorda l’urlo in gola e le gambe che correvano via da sole. Da allora Redento è rimasto con lo sguardo rivolto indietro, perché gli basta chiudere gli occhi per ritrovarsi lì: è un testimone. Gli anni, i mesi, i giorni sono passati: nella piazza la vita è proseguita con concerti e passeggi. Redento in piazza fissa un cestino e la fontana, ha portato avanti la sua esistenza, ha lavorato, è andato in pensione, ma è rimasto lì. I dibattimenti si sono susseguiti all’infinito. A un certo punto è sembrato che non esistesse alcuna verità, come se si fosse trattato di un’allucinazione collettiva. Ma i segnali c’erano stati tutti, l’eversione di destra inneggiava alla violenza, come mezzo necessario per "ricostruire" e le forze dell’ordine rimandavano gli interventi, rendendo sempre più difficile controllare la situazione. Alle 10.12, durante una manifestazione in piazza, una manifestazione pacifica, espressione della libertà che avrebbe dovuto essere tutelata dalla democrazia, otto persone hanno perso la vita…

Una specie di vento è un romanzo sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia del 1974. Marco Archetti, giornalista e scrittore bresciano, parte dando voce a un sopravvissuto, Redento Peroni, ormai nonno, che racconta ai nipoti quel triste episodio della storia recente, perché lo facciano proprio, perché la memoria diventi maestra e il ricordo delle vittime non cada nell’oblio. Il racconto di Peroni resta sospeso e si alterna con otto capitoli, uno per ciascuna persona morta nell’attentato, che sono essi stessi dei micro racconti in cui il lettore si avvicina a ogni protagonista nelle vicende umane e semplici che precedono la manifestazione e si chiudono nello stupore che questa cosa così tragica possa essere veramente successa e li abbia travolti senza appello. Non più solo un numero, o una lista di nomi, acquistano un volto, una storia fatta di relazioni, sogni, difficoltà e speranze, ma soprattutto si mettono a nudo con quei piccoli particolari e gesti quotidiani, che diventano così preziosi quando una persona non c’è più. La narrazione non cede mai, non diventa patetica o inutilmente truculenta. Nascono spontanee nel lettore l’empatia verso i protagonisti di quell’orrore, l’inevitabile incredulità e l’esigenza forte di verità. L’autore, si sente, ha fatto un’approfondita ricerca, si avvalso di documenti storici, ha attinto direttamente alla fonte per le testimonianze e ha ripercorso le indagini, i depistaggi e le lungaggini processuali, per far emergere la verità di quegli uomini e donne fermati brutalmente. E nonostante il suo lavoro certosino, Archetti invita a leggere il libro come un romanzo perché le narrazioni sono frutto di fantasia, anche se ricostruite su solide basi storiche e con il contributo di testimoni viventi. Ma la potenza delle parole e delle immagini che riesce a evocare rende il testo una denuncia e un avvertimento politico, un memento purtroppo fin troppo attuale, visto i venti che stanno spirando anche nel nostro Paese.