
Meredith ha bisogno di scappare, di rifugiarsi nella solitudine della campagna e della vita di provincia per liberarsi dall’inquietudine che la domina da mesi ormai e la costringe tutto il giorno nelle sue stanze. L’esistenza aristocratica della Londra di metà Ottocento non fa per lei, insopportabili le norme sociali, le convenzioni a cui deve sottostare, le stagioni mondane alle quali deve partecipare: l’unica soluzione appare la villa dello zio defunto Abraham, che si trova a Breborough, lontano dalla città. Meredith è speranzosa che questo periodo di ritiro la rigeneri, che il contatto con la natura e una comunità umana vera e solidale la guariscano dalla sua condizione. Ma non ha fatto i conti con i misteri di questi luoghi. Tutto inizia un giorno in cui Meredith fa la conoscenza del vicino di casa Clyde; da quel momento nulla è più come prima: visioni di donne vestite di nero che sputano ragni, voci strazianti di notte, ospiti indesiderati come la Donna, passaggi temporali che portano indietro nel tempo sono solo alcune delle stranezze che la giovane aristocratica si trova a sperimentare. Se la paura e il terrore la travolgono in un primo momento e la spingono a cercare il conforto del fratello Charles tramite numerose lettere, poi qualcosa di nuovo si impossessa di lei: un sentimento di gioia e di piacevole partecipazione a questi eventi misteriosi, al punto da renderla gelosa di condividerli con chiunque. Sempre più convinta che ciò a cui assiste non siano visioni e di non essere pazza, Meredith allontana da sé chiunque, compreso il valletto George che in tutti i modi cerca di farla rinsavire, consapevole che quello che la donna racconta sia frutto solo della sua immaginazione tormentata...
La giovane scrittrice Chiara Galiffa esordisce con un romanzo breve in cui sono ricostruite le principali caratteristiche della letteratura europea ottocentesca. Lo stile gotico è ravvisabile nell’ambientazione cupa che domina le pagine, nella dicotomia tra la razionalità del personaggio di George e la follia di Meredith, nelle inquietanti vicissitudini forse soprannaturali che coinvolgono la donna. Il testo risulta diviso tra una prima parte nella forma del romanzo epistolare – altro richiamo alla letteratura ottocentesca, basti pensare a I dolori del giovane Werther di Goethe o a Ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo -, consistente nelle lettere che Meredith scambia con il fratello Charles, le cui risposte però non conosciamo; e una seconda parte di cronaca diaristica estremamente concitata e ricca di suspense. La materia affrontata, la lotta tra ragione e follia, è il leit-motiv dell’epoca del Romanticismo e l’autrice è davvero brava nell’utilizzare tutti i meccanismi capaci di esaltare tale contrapposizione: il contatto umano con la natura, l’allontanamento della protagonista dalla realtà quotidiana, l’esotismo di un mondo “altro”, pieno di mistero. I due personaggi, George, campione di razionalità, e Meredith, dominata dall’irrazionalità, rappresentano l’io umano, diviso ed animato al contempo dalla ragione e dalla follia. L’esito fatale del racconto è dunque la necessaria conclusione di una guerra interiore combattuta da ogni essere umano tra intelletto e istinto affinché uno dei due prevalga e orienti l’azione.
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