
Alla mia nascita, un pomeriggio di gennaio del 1977, avevo gli occhi spalancati e non piangevo. Il medico, dopo aver chiesto a mia madre che nome mi avrebbe messo — Andrés — tentò di convincermi con le buone, ma piansi solo dopo che mi ebbe urlato: “Ma piangi, dai, cazzo, figlio di buona donna!”. Il cognome che porto, Jacobo, è nato da un inganno. Il mio bisnonno Jacobo — o forse suo padre o suo nonno — viveva nel territorio della Russia zarista. Il terrore di essere arruolati due anni in Siberia, con scarse possibilità di sopravvivenza, spingeva i giovani di umili origini a mutilarsi per essere riformati. Jacobo, però, era troppo attaccato a tutte le sue membra, così ordì un piano di cui si sa solo che allo scoppio della Grande guerra face in modo di trovarsi in un altro mondo: a Buenos Aires, dove avrebbe ritrovato e sposato una cugina di primo grado, la bisnonna Lidia, e dove io stesso sono nato. Nei primi anni di matrimonio, Jacobo si guadagnava da vivere fabbricando cappelli, poi passò all’importazione di prodotti tessili. La sua vocazione frustrata, però, era l’ingegneria e, anche se non poté mai esercitare la professione per mancanza di istruzione, investì in diversi cantieri, diventando proprietario di alcun immobili. La bisnonna Lidia, invece, oltre a cucinare al posto della vecchia cuoca Magda e a riparare impianti elettrici, si era messa d’impegno a comprare quadri, con un metodo piuttosto curioso. Sempre pettinato con la brillantina e ostinatamente sorridente, Jacobo era il nonno che tutti bambini dovrebbero avere. La sua vita si spense con quella di Perón, dopo essere stato ricoverato d’urgenza per un tumore. Il figlio racconta che ignorava la sua vera malattia, ma io sospetto che lo sapesse fin dall’inizio...
Una volta l’Argentina, pubblicata da Sur in un'edizione rivista e ampliata con nuovi episodi, è una delle opere più importanti di Andrés Neuman, prolifico scrittore, poeta, traduttore, professore di letteratura spagnola e vincitore di numerosi premi letterari, nato in Argentina nel 1977. La natura ibrida di questo testo è dovuta al fatto che si trova a metà strada fra due generi: le memorie romanzate, di cui possiede alcuni tratti tipici, come il racconto delle vicende di una famiglia, filtrato dal punto di vista di uno dei suoi membri, e il romanzo autobiografico. Non a caso il narratore condivide con l'autore nome, origine, età e vicende di vita vissuta ed è mosso dall’intento di lasciare traccia del proprio passato familiare, come animato da una sorta di “dovere di testimonianza”: “Senza saperlo, o intuendolo, anche la mia nonna materna Blanca riuscì a consegnarmi la sua eredità. Una lieve, pesante eredità: la lettera della sua vita. Una volta le avevo suggerito di scrivere i suoi ricordi perché non andassero perduti. Presto mi scordai della mia proposta. Lei però non lo fece, e un bel giorno mi mandò alcuni fogli manoscritti: gli stessi che ora sorreggo dubbioso. [...] Le frasi sono piene di verità sussurrate. Questa lettera ha cambiato la mia vita o, perlomeno, i miei obblighi. Ora devo esprimere la mia riconoscenza alla nonna completandola”. La struttura della narrazione è organizzata come un variegato contrappunto di brevi sequenze che affrontano, in parallelo, presente e passato, i ricordi personali, e inevitabilmente parziali, del giovane narratore — persino il momento della nascita —, i ritratti, a volte appena accennati, dei suoi antenati, dai bisnonni, agli zii e ai genitori, che si intrecciano con alcuni degli avvenimenti più rilevanti nella storia dell'Argentina del Ventesimo secolo, una terra da sempre caratterizzata da una cultura migratoria o errante. Con la lucidità concessa dalla distanza e combinando l’intimità del privato con l’intensità della tragedia, l’umorismo con la malinconia, il protagonista è accompagnato da personaggi originali e affascinanti, con i quali ripercorre il periodo che dall’infanzia arriva fino alla sua iniziazione come scrittore. Tutte caratteristiche che, insieme al sapiente effetto di immediatezza della lingua, fanno di questo romanzo un interessante e riuscito esperimento di scrittura contemporanea, sfuggente alle più tradizionali classificazioni di genere.