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Un’isola sul Tevere - Il fascismo al di là dal ponte

Un’isola sul Tevere - Il fascismo al di là dal ponte

Roma, 1937. Per Adriano è l’anno degli esami di maturità, una maturità in anticipo. L’improvvisa morte del padre, infatti, lo induce ad iscriversi come privatista all’esame subito dopo la promozione dal secondo al terzo anno del liceo classico. L’intento è quello di gravare sulla famiglia un anno di meno. Iscritto ad una scuola pontificia, il Sant’Apollinare, perché il padre antifascista non vuole che frequenti le scuole statali, potenziali veicoli della propaganda di regime, il ragazzo avrebbe comunque dovuto sostenere l’esame di stato come privatista. Adriano è preparato, sa ciò che l’attende, ma non immagina che la causa delle sue difficoltà possa essere il tema di italiano, non per mancanza di preparazione, ma per l’assunto del suo svolgimento. L’argomento è una frase di Tucidide e ai candidati si chiede di dimostrare come essa sia sostanzialmente adattabile al fascismo. Adriano comprende che le simpatie oligarchiche di Tucidide e la sua idea di “illuminata tirannide” possono essere ben gradite al regime, tuttavia nel suo compito sostiene la tesi che due realtà storiche così lontane, il presente dell’Italia e l’antica Grecia, siano inconfrontabili e che, per questo motivo, il fascismo non può in nessun modo essere illustrato dal pensiero dello storico greco. Naturalmente la commissione giudica l’argomentazione del ragazzo presuntuosa e disobbediente: “Tu sei uno studente, non un professore, il tuo compito non è di polemizzare, ma di rispondere!” lo apostrofa irritato l’esaminatore. Adriano viene così rimandato a settembre in italiano, la materia che conosce meglio, e in matematica, quella che conosce proprio poco...

Adriano è il figlio primogenito di Cesare Ossicini, antifascista, fondatore del Partito Popolare e dirigente dell’Azione cattolica, scelte concrete ed ideali che l’uomo trasmette ai figli. Adriano, che ha ereditato da lui la passione politica, dopo la maturità anticipata e superata solo a settembre riesce ad iscriversi alla facoltà di medicina. Subito chiede di poter lavorare come volontario all’ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, attività che condivide con la frequenza delle lezioni all’università, dove diviene membro attivo della FUCI, perché, già da matricoloa è pienamente convinto del fatto che “Un cattolico, se vuol essere serio, deve combattere il fascismo”. L’isola sul Tevere che dà il titolo al libro è infatti la sede dell’Ospedale Fatebenefratelli in cui Adriano Ossicini prestò la sua opera fino al 1948, quando cominciò l’attività di neuropsichiatra infantile, ambito nel quale divenne noto e autorevole. Questo saggio prende origine da una serie di appunti e riflessioni nati originariamente per uso privato e personale e tali rimasti per molti anni. Solo nel 1988, dietro le sollecitazioni di amici e di esponenti della sinistra indipendente della quale aveva fatto parte, Ossicini considera la possibilità di pubblicare il libro, che esce in prima edizione nel 1999. Tra le altre, una considerazione che lo induce alla pubblicazione è che “la conoscenza del passato è del tutto insufficiente, spesso contraddittoria, o addirittura oggetto, di fatto, di profonde mistificazioni”. E Adriano, da giovane, li ha visti personalmente gli ebrei del ghetto caricati sui camion dai nazisti per essere deportati, così come personalmente ha visto “i fascisti insieme ai nazisti sparare sui Granatieri di Sardegna che il 9 settembre [1943, n.d.r.] tentavano di difendere Roma”. Ritiene allora che narrare la sua esperienza, oltre che un tributo alla verità storica, possa essere utile ad altri.