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Uno in diviso

Uno in diviso

Vallecupa, nell’entroterra abruzzese. Kehinde e Taiwo sono due gemelli siamesi uniti dall’ombelico in giù, che passano i pomeriggi a spiare le prostitute africane che in una grotta appartata si accoppiano con i loro clienti: sul pavimento, un tappeto di profilattici usati, viscidi e lucenti. Come viscidi e lucenti sono i corpi delle vipere che di notte elicotteri della Forestale gettano sul bosco per impedire l’estinzione dei rettili. Trent’anni dopo Kehinde e Taiwo lavorano a Milano, al guardaroba della sauna Bordeaux. Passatempi preferiti, accoppiarsi con orridi cani e spiare i clienti gay della sauna. Ma un delirio di sangue e violenza sta per abbattersi sulla loro strana vita...

Orrido e sublime, Inferno e Paradiso, piacere e dolore. La letteratura – come la natura – si abbevera da sempre a questa dicotomia, a questo apparente contrasto che contrasto non è. Il giovanissimo Pierantozzi, moderno epigono di decadenti, scapigliati e surrealisti, sceglie come linguaggio espressivo un grand-guignol visionario e immaginifico che dissemina il plot – giocato su diversi livelli temporali – di orrori splatter e visioni arcaiche grazie alle quali il mondo contadino, il tribalismo africano e orrori più moderni e concreti si confondono e fondono in un romanzo originale, scomodo, genialmente sgradevole.

LEGGI L’INTERVISTA A ALCÌDE PIERANTOZZI