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Uno sterminio di stelle

Uno sterminio di stelle

Ogni mattina alle sette Rosas (detto il talpone, per i suoi occhiali dalle lenti spesse come culi di bicchiere), si presenta al grande cantiere della Edilnord, situato alla periferia nord-est di Bologna. Specializzata in strutture sportive, la ditta è incaricata di scavare l'enorme voragine su cui verrà edificato il nuovo stadio del Bologna FC. La presenza di Rosas, incaricato di seguire i lavori per conto della Sovraintendenza ai Beni archeologici di stato (non si sa mai cosa si può trovare sottoterra), è mal digerita dal capocantiere Rosario Delendi, un omone ben piazzato nato e cresciuto nel quartiere Brancaccio di Palermo. Delendi non vuole intoppi, è sicuro che la presenza di un estraneo porterà solo guai al cantiere. E Rosas ha già cominciato a rompere le scatole contestando al capocantiere il fatto che alcuni suoi operai sono sprovvisti delle calzature adatte. Ma Sante Bonanno, architetto e progettista dei lavori, è stato chiaro con Delendi: quelli della Sovraintendenza vanno trattati con i guanti bianchi. Rosas, con gli stivali di gomma affondati nel terreno acquitrinoso, tiene sotto controllo ogni particolare mentre ruspe e scavatrici continuano senza sosta a perforare il terreno, finchè... Bingo! Una mummia di circa tremila anni viene alla luce da sotto un masso. È una scoperta senza precedenti, forse ce ne sono altre li intorno. Bisogna continuare a scavare, ma facendo molta attenzione. Delendi sta fumando: i lavori non devono subire rallentamenti per nessun motivo. Niente mummia, non gliene frega niente. Rosas lo sorprende con un violento colpo di testa: chi non ha rispetto per il passato non merita di certo il suo. Intanto dall’altra parte della città, in questura, Antonio Sarti si sta occupando di Nanni Rolandina, diciannove anni, scomparsa da casa, quando il suo superiore lo informa di una rissa in un cantiere. A quanto pare ci sono feriti. Il responsabile? Rosas, è ovvio. Prima o dopo quell’anarchico amico suo finirà per metterlo nei guai...

La costruzione del nuovo stadio del Bologna. Il ritrovamento di tredici mummie, disposte una di fianco all’altra secondo un ancestrale rito etrusco. La sparizione di una giovane e bella ragazza. L’assassinio di un noto architetto. Tutto è misteriosamente collegato, e su tutto aleggia lo spettro della mafia, i cui tentacoli hanno agguantato, manco a dirlo, i favori di alcuni illustri personaggi: si prospetta un’indagine coi fiocchi per Antonio Sarti, il “questurino” bolognese con l’ossessione per il buon caffè, che ritorna a calcare le scene dopo ben cinque anni di assenza. Creato nel lontano 1974, Sarti è il personaggio più famoso e longevo nato dalla penna di Loriano Macchiavelli: onesto e tenace, anche se non particolarmente intuitivo malgrado il suo ruolo, il sergente si dimostra resistente all’usura del tempo, perfettamente in linea con le problematiche attuali e portatore di valori ormai scomparsi in un mondo ad esclusivo appannaggio di furbi, corrotti e raccomandati. Ad affiancarlo nelle indagini oltre a Rosas, l’amico di sempre con il quale ha già condiviso diverse avventure (il rapporto tra i due fa scintille, originando siparietti molto divertenti), un nugolo di personaggi straordinariamente vividi: alcuni sono vecchie conoscenze ‒ come la temeraria agente Salvatrice Prenotato o l’arcigno archivista Ugo Poli “lo zoppo”, personaggi particolarmente riusciti a cui l’autore ha voluto rendere omaggio ‒ altri nuovi, come Namir detto Marocco, “manovale-ragazzo di pelle scura, magro come un chiodo e con sandali da cantiere”, emblema della questione sull’immigrazione e della (in)sicurezza sul lavoro. Un’ironia amara e pungente pervade le pagine e si affianca all’azione, alle incursioni storiche sulla civiltà etrusca, e a quelle nella Bologna sotterranea (e non) alla ricerca di un tesoro, fino all’immaginario limite che separa il mondo dei vivi da quello dei morti. Bologna, che come sempre nei romanzi di Macchiavelli, non è semplicemente “sfondo”.