
Le sue ceneri sono sparse in un campo di fragole selvatiche, al termine di una vita ora anonima ora bizzarra. Vivian Maier scattava fotografia e le racchiudeva - nascondeva - in centinaia di scatole: migliaia di negativi, fra questi seicento autoritratti. Seicento. “Sono una persona difficile”. Eppure, ha vissuto la vita come desiderava farlo… Dora è pittrice, fotografa, ha studiato arte, espone nei luoghi cruciali del primo Novecento in Francia e ha frequentato i surrealisti: Man Ray, André Breton, George Bataille. La sua ispirazione viaggia tra erotismo e misticismo. Poi il poeta Éluard le presenta Picasso. Magnetismo. E Dora Maar diventa (solo) una musa. E lui? “Non era un uomo, era una malattia.” Tutte le sue donne sono diventate vittime: “nessuna gli è sopravvissuta”… Nise, brasiliana, è una psichiatra. Lotta per cancellare le terapie aggressive e cattive del suo tempo: elettrochoc, lobotomia. Viene fermata: Nise de Silveira è comunista, legge Marx. “Voi i signori, dettavate legge. Io la violavo - sempre”. Affronta a viso aperto l'inconscio, quel che fa paura a tutti, prende di petto i traumi degli altri, “le catastrofi del mondo” e rivela il male che ognuno ha, più o meno nascosto, dentro… Fu concepita a Lipari, durante il confino di suo padre Carlo: partigiano, antifascista, eroe. Amelia Rosselli compone poemi, poesie, studia musica. Fino alle quattro di un pomeriggio invernale quando, dopo diagnosi e cure per contro le crisi psicotiche, decide di uccidersi. Niente le bastava, per far tacere quelle voci che da dentro la divoravano. “Un'ascesi severa non porta a nessun risultato”: sembra di sentirle con queste parole, le sue incessanti riflessioni silenziose…
Assieme a Dora, Nise, Vivian e Amelia ci sono Carol Rama, Silvina Ocampo, Maria Lai, Lisetta Carmi. Tutte ci chiedono di fermarci per ascoltare, per l'ultima volta, “ancora un'ultima cosa”. Sono le parole prima della scomparsa, dell'abbandono, del ritiro. Sono formulate a nervi scoperti e non ammettono diritto di replica. Perciò sono spesso dure, insolenti. La prima idea per il titolo di questo libro, racconta Concita De Gregorio era, infatti, Invettive. Durante la stesura, poi, la grazia si è presa il suo spazio. Ha vinto la parola con la sua forza. Questi testi sono nati per il teatro, per essere letti ad alta voce, recitati. Tra le righe, dunque, si avvertono le pause e i non detti. Sono testi che chiedono al lettore di diventare - più che spettatore - interlocutore. Esiste anche una versione audio, un podcast molto efficace, recitato dalla stessa autrice. De Gregorio ha spiegato di aver sentito le voci di queste donne risuonare come un coro. Eppure le voci restano ben distinte le une dalle altre, perché solo la fine è la stessa. Le rispettive esistenze narrano, tuttavia, qualcosa che manca: non c'è felicità duratura, spesso non c'è stato rispetto, non esiste riconoscimento pubblico, se non raramente. Un altro tratto comune di quelle “eroine” potrebbe essere identificato in una specie di sindrome di Cassandra: sono state portatrici di profezie non ascoltate - non per forza pessimistiche. Se c'è ancora oggi necessità di ascoltarle? Sicuramente, sì. Senza alcun dubbio, sì.