
Con la lavorazione del tonno e dei sottaceti la dinastia dei Pastalunghi ha imparato l’arte di inscatolare il tempo, controllare la storia e ignorare ogni forma di verità, imponendosi sul mercato e conquistando un posto ben saldo nella società “che conta”. Ma Delfina, che anche da morta si ostina a far sentire la sua voce perfida e irriverente, è sempre stata una lisca difficile da mandare giù: una rampolla degenere con una fama da svitata, una lesbica spregiudicata intenta a corrompere ingenue aspiranti profittatrici e a portarsi a letto tutte le arrampicatrici sociali di turno, una romanziera fallita e una tossicomane frustrata, una personalità nemica di ogni convenzione e ovunque capace di dare pubblico scandalo. A quarantacinque anni scoccati non si va a innamorare di Caterina, la diciannovenne cassiera del teatro San Babila, balbuziente e di umile condizione sociale, ma dotata di una bellezza tanto infantile quanto inconsapevole con quei capelli rosso fuoco di ridicola lunghezza e remoti occhi grigi?