
L’allarme della sveglia scatta, prima morbido, poi via via sempre più intenso e vivace. La mano di Marina spunta dal soffice piumone e l’indice pigia forte, fino a che non parte il suono più bello di tutti: il silenzio. Marina resta ancora un po’ sotto al tepore della coperta e riflette su dove inerpicarsi oggi per cercare qualche tenero arbusto o un paio di prelibate bacche. Intanto, apre e chiude la mano per mettere in movimento le dita intorpidite dall’artrite. Fuori è ancora buio. Il sole sorgerà tra una ventina di minuti e serve un bel fegato, o una robusta fame di lavoro, per decidere di alzarsi. A Marina non mancano né l’uno né l’altra e, quindi, si alza, seguita da Carla, la capretta che ha in qualche modo adottato e che dorme in camera con lei, al rifugio Hütte Klebelsberg, dove c’è sempre posto per ogni tipo di animale. In autunno, per esempio, è stata la volta di una cinghialetta che, dopo i pasti, si buttava a pancia all’aria e grugniva felice. Il rifugio si trova in Alto Adige e Marina, che lassù chiamano “la milanese”, ne è entrata in possesso quando il suo compagno Chris, morto a causa di un tumore al cervello, gliel’ha lasciato in eredità. Dopo lo stupore iniziale, la donna ha venduto il bilocale in cui risiedeva a Milano, ha chiuso i suoi conti bancari, ha disdetto il contratto con Sky e con la palestra e ha inviato una laconica comunicazione a parenti e amici per avvisarli del trasferimento. I suoi amici, a dir la verità, sono pochi e l’unico contatto sulla sua rubrica che sia degno d’attenzione è quello di Orietta, la sua migliore amica, nonché assistente personale di direzione presso lo Studio Drago & Associati. Quando Marina le ha raccontato le sue decisioni, Orietta non ha esitato un attimo a darle della fuori di testa, convinta che in breve tempo Marina sarebbe diventata una montanara di mezza età rugosa e acida…
Milanese pentita, Marina Novembre è un personaggio che sa catturare l’attenzione del lettore e ne suscita l’immediata simpatia. Detective improvvisata, aiuta un’amica - un po’ superficiale o forse solo distratta - a risolvere il mistero dell’inquietante scomparsa della figlia del capo di quest’ultima. Si tratta di un’adolescente i cui genitori, separati, sono forse troppo presi dal loro mondo per prestarle le dovute attenzioni. In una Milano che profuma d’estate e di caldo soffocante, Marina e le sue mani, fonti di dolore e armi capaci di disvelarle le verità più nascoste, scavano nei pericoli del Dark web e nel passato dei protagonisti per scovare quel filo rosso capace di unire tutte le tessere di un ingarbugliato mosaico e dar loro un significato. Tre giorni di ricerche, scoperte e rivelazioni importanti; settantadue ore in cui la paura e il rancore, la passione e l’indifferenza si mescolano e creano un dedalo di strade in cui è inevitabile confondersi e perdere di vista la giusta direzione. In un crescendo di disorientamento, Claudia Maria Bertola - art director free lance di origine milanese ma torinese d’adozione, al suo romanzo d’esordio - si serve della struttura classica del giallo per andare oltre e raccontare i ritmi soffocanti di una città che richiede presenza e attenzione non stop; mostrare i pericoli nascosti nelle nuove dipendenze; riaffermare il valore della solidarietà e dell’amicizia; parlare di quella fragilità che si nasconde dietro un’apparente e fastidiosa frivolezza. Un esordio letterario molto calato nel sociale e nell’attualità; una lettura senza cali di tensione e con grande cura dei dettagli; un romanzo molto ben strutturato e dal ritmo incalzante. Da sottolineare, infine, la presenza di un QR code per ascoltare la playlist scelta dall’autrice come giusta suggestione in grado di aiutare il lettore a calarsi completamente nell’atmosfera della vicenda.