
Internet ha più di 50 anni. Non è un periodo significativo in confronto alla storia dell’umanità da quando l’uomo ha cominciato a esprimere pensieri, ideare, risolvere problemi, ma in questo mezzo secolo è accaduta un’accelerazione dell’evoluzione tecnologica notevolissima, una rivoluzione. Prendiamo soltanto gli ultimi venti di quei cinquanta anni: è nato il primo social network (MySpace), si sono diffusi globalmente shop come Amazon ed Ebay, Google è diventato un sistema che - da definizione ufficiale - “organizza le informazioni a livello mondiale per renderle universalmente accessibili e utili”, si è imposta la logica del like e dei followers e la possibilità, infine, di portare tutto questo con noi sempre, con smartphone e altri aggeggi indossabili. Insomma, nel 2000 gli esseri umani connessi erano appena 250 milioni; oggi Internet è accessibile ad almeno 4,6 miliardi di persone che, in media, trascorrono 7 ore al giorno online. Nel pieno dell’emergenza pandemica, ci siamo resi conto che la digitalizzazione si concretizzava, giorno dopo giorno, trasformando ogni attività quotidiana, le relazioni, il lavoro, lo studio, i rapporti con le istituzioni in azioni compiute con la mediazione della rete e delle aziende tecnologiche che ne fornivano i servizi. Sono cadute le frontiere fra la vita off-line e on-line. La digitalizzazione è un processo irreversibile e destinato a crescere costantemente? Cosa succederà tra altri vent’anni?
Tra vent’anni, potremmo già ritrovarci nell’era del cyborg, un’era tecno-umana, come specifica il sottotitolo del saggio di Angelo Alù: superavanzata nelle possibilità offerte dall’innovazione ma - sintetizzando e arrivando al dunque - in un “contesto storico caratterizzato da mille contraddizioni tra precarietà, inquietudini e preoccupazioni”. Un destino che, tra l’altro, non abbiamo scelto, secondo l’autore - dottore di ricerca in Giurisprudenza, attivista per i diritti digitali, divulgatore. Ci sono diversi modi per scrivere, mettere nero su bianco, previsioni sul futuro senza rischiare di essere sconfessati a breve termine. Una scorciatoia è accodarsi a chi certe profezie le ha già pronunciate, con autorevolezza, con il risultato di non dare nessun nuovo contributo, fare semplicemente da eco. L’altro modo è non farle affatto. Ma - ammettiamolo - il mestiere del futurologo è divertente assai: esercitare la fantasia con ragionevolezza, studiando la scienza e valutando le variabili sociali, economiche, storiche è, per molti, vitale. Nella prefazione a questo libro, Arturo di Corinto spiega come ha lavorato l’autore: fornendo “previsioni sull’evoluzione della rete che non appaiono scontate e di fronte ai problemi più rilevanti propone risposte aperte e equilibrate, distanti da una visione apocalittica”. La chiave per vestire i panni dell’indovino del XXI secolo forse è proprio questa: avere le domande giuste. Alù si è posto una gamma di quesiti piuttosto ampia e in grado di coprire i dubbi che ognuno di noi ha solo sfiorato o su cui si è incaponito. Nel provare a orientare verso una chiara risposta, cita fonti interessanti e casi meritevoli di essere conosciuti, episodi unici ma simbolici, in grado di diventare più pervasivi, come Sophia, l’androide che ha ottenuto la cittadinanza saudita o la città intelligente che ci propone/impone la realtà aumentata ogni volta che ci fermiamo sotto un lampione. Sono riflessioni su cui Alù racconta di essersi soffermato durante i lockdown, periodo che ritiene esser stato proficuo e portatore di idee e riflessioni. Il libro è completato da una postfazione di Stefano Trumpy, da una cronologia dell’avanzamento tecnologico chiamata “cronotappe digitali” e da un glossario.