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Viola

Viola

Viola ha 28 anni e il modo più sicuro per farle fare qualcosa, qualsiasi cosa, è dirle che non può farla. Sua madre ricorda ancora molto bene quando la signora Coppola ha sostenuto che Viola non sarebbe riuscita a scendere dall’autobus da sola. La rabbia l’ha tanto infiammata che la giovane si è lanciata fuori dalla porta senza attendere che venisse calata la rampa. Ovviamente, è finita prima ruote all’aria e poi direttamente al pronto soccorso. Ma, se non altro, ora, quando incontra la signora Coppola, questa finge di non vederla. Viola è su una sedia a rotelle e ha, da sempre, avuto un rapporto controverso con l’amore romantico. Durante l’adolescenza, per esempio, si è sempre sentita estranea alle dinamiche di coppia e, mentre ascoltava i discorsi sulle relazioni fatti dalle sue compagne, continuava a sentirsi un pesce fuor d’acqua. Ecco perché anche ora è molto riservata in merito ai rapporti che intrattiene e cerca di mantenere la sua vita privata lontana dalle mura di casa, quella in cui vive con i suoi. Eh già. Lei vorrebbe andarsene, ma sua madre non vuole sentire ragione. Inoltre, tra pensione e stipendio da lavoro a tempo determinato, ha denaro a malapena sufficiente per pagare le rate dell’auto. Figuriamoci se può permettersi una casa! Quindi, non le resta che tenere le chiappe sulla sedia - come le ripete sempre Federica, la sua migliore amica - e aspettare il momento della svolta. Nel frattempo ha delle storie. Come l’ultima, quella con Marco, il ragazzo incontrato su un’app di incontri con il quale il sesso, appena consumato, non è stato niente male. Vero è che, per potersi godere in tranquillità questo tipo di incontri, deve ogni volta coinvolgere Federica e architettare insieme a lei una serie infinita di bugie e scappatoie che le possono evitare spiegazioni e intromissioni da parte dei suoi. Viola e Federica si conoscono da una vita. Andavano allo stesso liceo, ma in classi diverse. Poi si sono ritrovate all’università, durante il corso di Zoologia, e non si sono più mollate...

Si definisce una scribacchina molesta, cinica e spietata. Forse lo è, ma è anche un vulcano, una donna cui le etichette stanno strette, esattamente come un abito che tira sui fianchi e le cui cuciture rischiano di cedere da un momento all’altro. Marina Cuollo, napoletana, dice di sé che “quando mi presento a qualcuno il taglio di capelli non è la prima cosa che si nota”. Ed è vero. La simpaticissima autrice, alla sua prima prova narrativa in cui non racconta direttamente di sé, è affetta da una sindrome rara, la Melnick Needles, un’osteodisplasia scheletrica che la obbliga a muoversi su una sedia a rotelle e a servirsi, di notte, di un ventilatore polmonare. Anche la protagonista del suo romanzo è disabile ma, a suo dire, è molto meno timida, più diretta e più cazzuta della sua creatrice. Marina ha dato vita a una commedia romantica, nella quale i classici ingredienti che la costituiscono - amore, amicizia e sesso per citarne alcuni - sono sapientemente dosati e conditi con una dose d’ironia che rende l’intera vicenda estremamente piacevole. La Cuollo, inoltre, non ha spinto l’acceleratore unicamente sull’aspetto della disabilità di Viola e non ne ha fatto la questione centrale del racconto. È riuscita, in questo modo, a smontare tutta una serie di stereotipi che da sempre accompagnano l’idea della “diversità”, dando vita a un intreccio nel quale anche il corpo disabile può e deve essere visto da una prospettiva identica a quella di chi disabile non è. La presenza di una sedia a rotelle, insomma, non preclude la possibilità della protagonista di ridere, perdere la testa, prendere una fregatura, fidarsi di chi non lo merita, fare sesso, piangere, esultare, leccarsi le ferite. Azioni che sono parte di una quotidianità condivisa sia da chi necessiti di un ausilio per muoversi e sia da chi riesca a farlo in maniera autonoma. Quel che conta davvero è la consapevolezza che il riflettore va puntato oltre l’apparenza, oltre le stampelle, il deambulatore, il ventilatore polmonare, la sedia a rotelle o qualsiasi altro dispositivo, che non deve e non può diventare un paravento che impedisce di vedere chi c’è dietro: un uomo, o una donna, nella sua interezza e nella sua complessità. Una lettura godevole che invita a guardare oltre la superficie, a scavare in quelle profondità del sentire che sono uguali per tutti, disabili e non, e meritano lo stesso rispetto.