
Violeta nasce in una notte di tempesta, nel 1920, quando tutto il mondo è alle prese con un virus influenzale che non lascia scampo. Si manifesta con un gran freddo che nulla riesce a mitigare. Poi arrivano il mal di testa e il bruciore a occhi e gola. La pelle assume un colore blu violaceo sempre più scuro, mani e piedi diventano neri, la tosse impedisce di respirare e la morte, atroce, arriva per asfissia. Con quasi due anni di ritardo rispetto al resto del mondo, l’influenza della spagnola è arrivata nel Paese di Violeta e miete migliaia di vittime. Nella tenuta di Arsenio del Valle la corrente è appena saltata, come accade sovente durante i temporali, e sono state accese candele e lumi a petrolio, sempre a portata di mano proprio per i casi d’emergenza. Maria Garcia, la madre di Violeta, sa ben distinguere il momento in cui arrivano le contrazioni che preannunciano che il parto è vicino. La donna, infatti, ha già dato alla luce cinque figli ed è rassegnata all’arrivo di un sesto maschio. Quando sente che il piccolo sta per nascere, si abbandona al dolore aiutata dalle sorelle che l’hanno già assistita diverse volte e sono in grado di mantenere la calma. In occasione dei precedenti parti hanno contato anche sull’aiuto di una levatrice, che purtroppo è stata una delle prime vittime dell’influenza mortale e in famiglia non se ne conosce un’altra. Maria Gracia, prima di sposarsi, è stata la debuttante più bella della capitale, ma i numerosi parti l’hanno sformata nel corpo e svuotata nell’animo. È convinta di essere destinata a partorire solo figli maschi per una sorta di maledizione, legata al fatto che ama sì i figli, ma preferisce tenerli a distanza. Sotto la supervisione delle zie Pia e Pilar e di Torito, il ragazzo tuttofare della casa, la donna partorisce in tempi abbastanza rapidi e, sorpresa generale, l’ultimo nato è una femmina, a cui viene dato il nome di Violeta, lo stesso della bisnonna di Maria Gracia...
Un nuovo romanzo che rispecchia la cifra narrativa di Isabel Allende, una delle autrici sudamericane di maggior successo, i cui libri sono stati tradotti in tutto il mondo. Quasi ottantenne e con una trentina di romanzi all’attivo, la Allende regala al lettore un racconto molto attuale, che copre un arco di quasi cento anni, iniziando con una pandemia - l’influenza spagnola che tra il 1918 e il 1920 semina distruzione e morte in tutto il mondo - e terminando ai giorni nostri, al tempo del Covid-19. Una storia che si snoda in Cile, anche se il Paese non viene mai nominato, così come non si fa riferimento diretto ai personaggi politici che ne hanno fatto la storia, come se l’intento dell’autrice fosse quello di sottolineare che i fatti narrati potrebbero essere accaduti ovunque e che il cuore della vicenda è da ricercarsi esclusivamente nella protagonista. Violeta - che altri non è che il ritratto letterario della madre dell’autrice, Francisca Llona Barros, scomparsa all’età di 98 anni - è una donna ben più moderna rispetto al suo tempo; fa dell’indipendenza la sua bandiera e mostra la consapevolezza femminista collocata tra due forze repressive: da un lato lo Stato e dall’altro la sfera domestica, che tende a schiacciarla e a non lasciarle respiro. Violeta racconta al nipote Camilo la storia della sua lunghissima esistenza e si fa testimone degli avvenimenti più pregnanti del Ventesimo secolo. Attraverso un resoconto lucido e concreto, la donna ricorda tempi di estrema povertà che si alternano ad altri segnati dall’opulenza e dalla ricchezza; rievoca i tormenti amorosi che hanno devastato i suoi giorni insieme ai tremendi lutti e alle gioie che hanno accompagnato il suo cammino. Una vita tumultuosa, quindi. Lo scorrere del tempo di una donna a cui non piacciono i bambini - ritiene che l’unica cosa buona che li riguardi sia il fatto che crescono in fretta - e che considera il matrimonio “silenziosissimo come la vita in un convento di suore” e perciò soffocante. Una donna che ha costruito il proprio successo con le sue mani - imparando ad accumulare soldi, a investirli e a risparmiare i guadagni ottenuti - e che non ci sta ad essere definita adultera o amante ribelle. Una figura di spessore, in grado col tempo di decifrare gli sconvolgimenti sociali e politici del Paese in cui vive e di impegnarsi nella lotta per i diritti delle donne. La Allende è riuscita a dar vita a un nuovo personaggio carismatico, che si può collocare di diritto nella scia di tutte le altre donne forti uscite dalla sua penna e dalla sua fantasia. Una femminista in anticipo rispetto ai tempi; un carattere solido, animato da un profondo senso di giustizia e lealtà, capace di buttarsi a capofitto nelle imprese in cui crede e di lottare senza esclusione di colpi. Un ritratto curato in ogni dettaglio che dimostra, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, l’abilità dell’autrice e la sua capacità di dipingere personaggi che restano impressi nel cuore.