
Mimì non ha ancora nove anni ed è il preferito della nonna, che stravede per lui fin dal suo primo vagito e a lui solo, tra i diversi nipoti, riserva delicate cure e incondizionato amore. Mimì, al quale il maestro ha predetto che è “destinato a grandi cose”, è poeta, come Orfeo il cui mito ha studiato a scuola. Ma è poeta in segreto, “infelice per costituzione”. Mentre la nonna si occupa della casa, il bambino, affacciato alla finestra, guarda il mondo di fuori. E una domenica di marzo il destino gli riserva un grande dono: sul balcone del palazzo di fronte, tra i fiori di tutti i colori e illuminata da un raggio di sole, una bambina “che ha capelli nerissimi come Lilìt, la moglie indiana di Tex Willer”, danza. È la bambina di Milano. Mimì la osserva intensamente e sa che per lei potrebbe fare ogni cosa, potrebbe andare in ogni luogo. Quando, però, a un certo punto, la bimba si accorge di lui, Mimì si ritrae e si nasconde. La bambina allora fa una cosa temeraria e pericolosa, lasciandolo senza fiato: si arrampica sul parapetto del balcone e riprende a ballare sullo stretto davanzale. È bellissima quella sua figurina audace che, a braccia levate, sfida il pericolo. Allora Mimì non teme più di mostrarsi e, per farsi vedere bene, si affaccia alla finestra ed è pronto a gettarsi anche lui nel vuoto se lei dovesse cadere…
Vita mortale e immortale della bambina di Milano è un magistrale romanzo ambientato a Napoli negli anni Sessanta e in esso si incontrano e vivono miti lontani, come quello, tra amore e morte, di Orfeo ed Euridice, fondamentale nelle fantasie del piccolo protagonista. Insieme al mito antico vive la voce di un dialetto stretto e splendido nei suoi suoni e nelle immagini, spesso intraducibili, che evoca e vive la realtà della vita quotidiana di gente comune. Ma soprattutto vive - si perdoni l’ossimoro - la morte, quella morte presente nel reale, nel mito e nelle storie narrate dalla nonna. Seguiamo Mimì dalla sua magica infanzia ricca di sogni e di poesia, ma anche colpita da un travolgente quanto incomprensibile e tagliente dolore, lungo la sua crescita fino all’età adulta. Si tratta di un percorso attraverso il mistero della vita, strettamente intrecciato al gelido buio che alla vita pone fine, o forse di un percorso che conduce a sconfiggere la morte nell’unico modo possibile: la dedizione alla parola “che travolge il corpo anche se scrivi con l’acqua sulla pietra in un giorno d’estate”. La narrazione, la scrittura sembrano essere allora strumenti indispensabili, forse gli unici, per gabbare la morte, per restare voce narrante per sempre, per rendere eterni, fuori dalla vita e oltre questo mondo, coloro che abbiamo amato.