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Viva la Franca

I “Cretinetti”, le “scostumate”, le “ordinarie”… disprezzo, disillusione, un pizzico di malcelata invidia, un filo di snobismo ed uno sguardo ironico sull’umanità, senza sprecare passioni ed energie per pretendere di cambiarla, senza aspettarsi mai più di tanto. Dalla romana “Sòra Cecioni” alla milanesissima Signorina snob, passando per centraliniste, coreografe ungheresi sadiche (“Uni, due, stupide cretine! Uni, due. Alt! Loro proprio non sa fare niente! Prego! Uni, due. Alt! Prego!”), false contesse polacche con vite misere, ex prostitute “co’ tanta voja de sgrezzasse un po’” e ragazze bastonate nei sentimenti che forse piangeranno in silenzio fingendo disinvoltura… Gli occhi sul mondo di quella Gran Signora che è stata Franca Valeri fanno parte della nostra vita e della nostra cultura e l’intelligenza di quello sguardo appartiene alla storia della società italiana, oltre che al mondo dello spettacolo. La Franca nasce dalla buona borghesia milanese, cosa che le consente di assistere fin da bambina a spettacoli d’Opera e teatro dai quali resterà inevitabilmente affascinata: la passione per la lirica la porterà ad importanti regie operistiche nella seconda fase della sua lunghissima carriera. Non solo “Sòre Cecioni”, Caroselli, radio (tanta e gloriosa), grande e piccolo schermo, ma anche tanto teatro ed attività di soggettista e sceneggiatrice cinematografica, cosa che potrebbe stupire chi non fa caso ai crediti dei film (uno su tutti la pellicola cult Il segno di Venere)…

Fanno sempre piacere le monografie sui personaggi che hanno rappresentato e rappresentano aspetti di Storia, spettacolo e società riuscendo ad entrare nella cultura di massa (molti i neologismi della Valeri) pur provenendo da quello che in Italia fu un melieu artistico difficilmente replicabile se si considera che Franca Valeri aveva conosciuto personalmente Toscanini e Petrolini e collaborava a soggetti, sceneggiature e dialoghi con figure del calibro di Ennio Flaiano, Suso Cecchi D’Amico e Dino Risi, solo per citarne alcuni e non parlare dei colleghi di scena. Peccato che in questo saggio ci sia una svista che duole agli appassionati –diciamo pure maniaci- di certo cinema: nel citato Il segno di Venere, il papà di Agnese (Sophia Loren) nonché zio di Cesira (Franca Valeri) è Virgilio Riento (indimenticabile colonna portante dei caratteristi italiani) e non Peppino De Filippo che invece interpreta Mario, fotografo all’albergo diurno dove Cesira lavora come pubblica dattilografa coltivando l’aspirazione all’incontro fatale ed imbattendosi invece in una pletora di uomini che finiranno inevitabilmente per corteggiare qualcun’altra, sua cugina Agnese (Loren) in primis… Geniale per un’attrice come lei sapersi ritagliare uno spazio immenso in un cinema nel quale il ruolo femminile era riservato alle “maggiorate”. La Valeri, che in realtà non era affatto brutta (con gli anni ha rappresentato un esempio di Signora compita dall’eleganza discreta), seppe lavorare sulla narrazione psicologica in ombra dei propri personaggi, edificando un contraltare alle dive, molte delle quali si sarebbero rivelate meteore. Personaggi, le sue donne, vittime spesso solo in apparenza, ma quasi mai esenti da un sottile velo di cinismo ed opportunismo, pronte a cavalcare qualsiasi forma di vantaggio ricattatorio (il potere dei soldi ne Il Vedovo, quello politico ne Gli onorevoli, le difficoltà del prescelto in Un eroe dei nostri tempi, una millantata nobiltà in Piccola posta) pur di raggiungere, spesso fallendo, i propri fini. Questa lettura, al tempo cinica ed indulgente, era una costante della coraggiosa commedia all’italiana, feroce e divertente proprio come Franca Valeri. In conclusione: se il libro avesse contato il triplo delle pagine con qualche “dietro le quinte” ed aneddoto in più lo avremmo apprezzato ancora meglio perché, a maggior ragione ora che non c’è più, viva la Franca…