
Non è un bene che la maggioranza delle persone tolleri come un fatto del tutto normale l’esistenza di leggi o di tradizioni che condizionino il pensiero e la libera espressione della loro creatività. L’adesione passiva all’amoralismo costitutivo della vita, cui non interessa più la lotta tra il bene e il male, piegano progressivamente la coscienza morale. Il nostro abito mentale ci viene confezionato dalle opinioni di quei pochi soggetti che calcano la ribalta delle televisioni. Gli individui sono assoggettati a ritmi di vita, filtri e ostacoli che li inducono a concentrare le loro attenzioni sul particolare e li privano del tempo necessario per riflettere su temi di carattere universale. Insomma le persone vivono imprigionate in una condizione che mortifica la loro umanità e ne impoverisce la ricchezza interiore. Occorre invece riprendersi in mano il destino della propria vita, tornare ad accumulare dubbi e sfatare la convinzione che la verità possa essere immutabile. Per riuscirci è necessario imprimere una svolta radicale con cui strappare il proprio diritto a sognare un’esistenza libera da vincoli burocratici, che stanno minando la fiducia e la coscienza…
Giovanni Feliciani - laureato in filosofia, ricercatore in Scienze storico-morali, libraio, bibliotecario ed editore – è una personalità controcorrente. Un irregolare, che ha fatto della lateralità il proprio tratto distintivo. Questa caratteristica identitaria confluisce in Vivere al ritmo della radicalità nella storia, un poderoso tomo di 480 pagine il cui genere oscilla tra il memoir intellettuale e il trattato filosofico. Si tratta infatti di un condensato della sua passione per un una filosofia vissuta non solo per sé ma anche per gli altri, in cui scorrono suggerimenti ed esortazioni, richiami e predicazioni. Su tutto impressiona però l’articolarsi di una visione filosofica che presenta analogie evidenti con quella emanata da Max Stirner e Friedrich Nietzsche e dalla tradizione anarchico individualistica. Obiettivo dell’autore è quello di favorire una programmatica perdita del centro in favore del richiamo a una tensione libertaria della creatività. Sempre più disinvolto con i ghiribizzi della sua indole, Feliciani non scinde mai la visuale personale dall’ambito della teoria, rivelandosi un saggista anomalo. Uno che muove solo e sempre dalle proprie opinioni, non appunta notazioni a piè di pagina e non fornisce un apparato bibliografico.