
Uno dei luoghi comuni più usati dagli stand-up comedians di origine indiana è l’esagerazione dell’accento indiano: due esempi assai famosi sono Vidur Kapur e Russell Peters. Al contrario, Vir Das si esibisce con accento smaccatamente americano, perché “non c’è niente di più indiano di un falso accento americano”. Mentre gioca sugli stereotipi per suscitare risate, la stand-up comedy riflette situazioni reali e molto critiche: quella delle rappresentazioni razziali nei media è una questione molto sentita. Tanto quanto quella delle identità di genere, dei ruoli delle donne e delle unioni omosessuali, in un paese in cui la legislazione sta arrivando ora, tra mille difficoltà, a mettere un argine a pratiche tradizionali problematiche, se non proprio violente, come il matrimonio combinato. O ancora, si pensi all’internazionale cliché delle battute sui vegani, al valore che assumono in un paese la cui religione maggioritaria vieta il consumo di carne bovina, divieto che sta diventando legge in molti stati con l’ascesa al potere del Bharatya Janata Party, suprematista hindu. Come molti nella storia della stand-up comedy, anche gli artisti indiani stanno affrontando il rischio della censura e delle denunce, rischio sempre presente nella carriera di chi, per lavoro, si muove al confine tra il far ridere e il dare fastidio al sistema sociale e di potere dominante...
Dai tempi dei padri nobili, come Bill Hicks o George Carlin, la stand-up comedy ha guadagnato in questi ultimi anni un vasto pubblico, grazie anche a Youtube e – poi – alle piattaforme di streaming. Una forma d’arte tanto particolare, basata sulla pura oralità, cresciuta nel contesto della globalizzazione e della diffusione mondiale di contenuti, diventa una lente eccezionale per inquadrare crisi, fratture, contraddizioni e caratteristiche di un paese. Specialmente di un paese che sta attraversando un’evoluzione tanto rapida com’è l’India. In questo volume Lorenza Acquarone – studiosa di giurisprudenza indiana – fa proprio questo: passa in rassegna i temi che i comedians indiani o di origine indiana portano sul palcoscenico – reale e virtuale – e da essi risale alle faglie che attraversano la società indiana. La modernizzazione, le sperequazioni economiche, le questioni di genere, gli stereotipi razziali e culturali, la complessità di un sistema giurisprudenziale in equilibrio instabile sulle pluralità sociali, linguistiche, religiose: tutto questo filtra nei monologhi dei comedians, portatori dei valori delle nuove generazioni di classe – e casta – elevata e di un gusto internazionalizzato per la satira di costume. Il saggio di Acquarone è interessante, scritto magistralmente in modo da essere accessibile senza banalizzare le questioni trattate. Viene davvero voglia di appassionarsi a questa forma d’arte, con la consapevolezza che la comicità si radica in una complessità sociale e culturale rilevante e in rapida crescita.