
Anche se è ancora piccola una cosa l’ha capita: non ci si può lamentare senza un motivo, altrimenti si diventa insopportabili. Bisogna giustificare il proprio malessere con una tragedia, una disgrazia che ne so, basterebbe avere i genitori in lite, una famiglia disagiata. Quanto invidia il suo compagno di banco Andrea: suo padre ha l’amante e si sta separando dalla madre. Lui sì che ha una ragione per essere triste, mentre la sua, di tristezza, è totalmente immotivata. Ma non è che vi state separando anche voi?, chiede allora ai suoi genitori, Non è che sono stata adottata o non mi avete raccontato di un fratello morto?, prova ad indagare. Ma niente. La sua famiglia è una normalissima famiglia, nessuno scossone, nessun passato complicato, una noia mortale… Mario, che abita al piano superiore, assomiglia leggermente a Woody Allen. Dal suo appartamento provengono continuamente rumori come di mobili spostati, soprattutto la notte. Non riuscendo a dormire, esasperata, prova a telefonargli chiedendogli la causa di quel trambusto: scopre così che Mario soffre di attacchi di suicidio. Ad un certo punto sente forte l’istinto di buttarsi dalla finestra e per evitare di compiere gesti estremi comincia a spostare cassapanche, tavoli e armadi davanti alle aperture del suo appartamento. Lo sforzo gli fa aumentare le endorfine e presto la voglia di lanciarsi giù passa. Solo che necessita sempre di maggior pesi, i suoi mobili non gli bastano più… Cosa si potrebbe desiderare? Una casa grande, con un bell’orto. Ma in centro a Roma. Si può cucinare insieme così come stare zitti perché non si ha proprio altro da dire. In questa casa ci si può anche regalare giorni di felicità l’uno con l’altro. Non troppi, ma qualcuno sì…
Arianna Dell’Arti, classe 1977, è l’autrice di questa raccolta di monologhi, dialoghi e racconti tra i quali Wanderwoman che dà il titolo al suddetto volume ed è anche un pezzo interpretato a teatro dalla brava attrice Paola Michelini. L’autrice ha l’abilità di descrivere con tenera ironia episodi di banale quotidianità, come le telefonate con la madre, sentimenti di comprensibile confusione, come i tentativi di trovare una giustificazione al proprio male di vivere, fino a veri e propri drammi, non risparmiando temi delicati come il suicidio e la violenza di genere. È una raccolta variegata che, superficialmente, diverte e può rappresentare una semplice lettura da svago (e già questo intento non è affatto facile da concretizzare); tuttavia, se analizzata più in profondità, la scrittura dimostra la grande sensibilità dell’autrice capace non solo di percepire le piccole sfumature dell’animo umano, perfino le più profonde, ma anche di alleggerirle e renderle sopportabili e tollerabili. Come viene anticipato nella prefazione a cura di Stefano Andreoli, l’immedesimazione con i personaggi dei racconti è immediata, ci ritroviamo nelle loro idiosincrasie, nei loro dubbi, nelle loro strategie di sopravvivenza, nelle loro ossessioni. Già dall’aletta della coperta nella quale l’autrice si descrive in modo buffo e sincero, ammettendo di non guidare in autostrada (quanti non guidano in autostrada!), di essere una maniaca della puntualità e di essere una falsa estroversa si comprende come Arianna Dell’Arti tenti di accarezzare le fragilità di ciascuno di noi, per lasciarle emergere e far fluttuare nell’aria privandole del peso di cui troppo spesso le carichiamo. Un libro che viene voglia di ascoltare a teatro. Una lettura piacevole da una persona, prima ancora che una penna, di talento.