
Werner, appena tornato nella sua Vienna dopo un lungo periodo di vita in Italia, sta fissando la sua vita. Ha comprato un biglietto di sola andata, ma sa di non potersi permettere una lunga permanenza, se ne andrà il giorno dopo a mezzanotte, di questo è sicuro. Sul diario, il quasi trentenne austriaco annota il numero del volo che lo riporta a casa. Sono passati sette anni e l'unica cosa che di lui non è stata intaccata è la voglia di scrivere. Il resto se l'è portato via Milano, vissuta con una voracità pericolosa. Werner ha lavorato dappertutto, conoscendo i mille volti della metropoli lombarda, droga inclusa. Adesso, nella sua Vienna, ritrova gli amici di sempre, i miglioramici, come li chiama lui. Florjan andrà a prenderlo appena avrà finito di lavorare e Werner, mentre aspetta, ricorda di quando, bambini, si conobbero. Stava osservando inorridito una biscia nera sull'asfalto, finché un bambino coraggioso non la afferrò. Era solo una musicassetta e da allora i due sarebbero diventati inseparabili. Allampanato e affettuoso, Florjan si prostituisce per scelta, a dispetto di un'intelligenza che gli consentirebbe carriere ben più edificanti. Si ritrovano cambiati, ma confidenza è la stessa. Insieme vanno da Astrid, la donna del trio. Lei l'assenza di Werner l'ha vissuta molto male. Anche perché con Florjan, Werner non ha mai smesso di parlarci, tra posta elettronica e lunghe telefonate. Con Astrid, invece, non sarebbe stato possibile a causa dell'eccesso d'affetto, misto forse a un amore segreto che Werner non corrisponde. Con loro, il quarto polo, Reinhold, garante dell'equilibrio e padre del futuro figlio di Astrid. Werner si gode un susseguirsi di ore surreali, tra gli appartamenti della loro adolescenza e il luna park dei primi amori. Di tanto in tanto si affacciano nella sua mente strane visioni, ricordi troppo vividi per essere un fenomeno ordinario. Dalla finestra, riconosce la sua ex ragazza, Keri, e cerca di raggiungerla, seminudo. L'amava ancora quando lei lo lasciò per un altro. Werner corre, deve parlarle. Gli amici lo fermano e lo calmano. Con tatto, gli ricordano che Keri è morta. Cosa provoca in Werner simili allucinazioni? Sta per andarsene, non fa che ripeterlo. La curiosità cresce: quale sarà la sua prossima meta?...
"A Vienna, che scorre nel mio sangue. Ti amo": è una delle tre dediche iniziali dell'autore, ma sembra sgorgare dal cuore di Werner, un'anima inquieta e malata, che dalla sua città è fuggita, incapace comunque di abbandonarla a livello interiore. Werner non ha dimenticato le sue origini, semmai si è imposto di accantonarle per non lasciarsi schiacciare dal passato, dai sentimenti, dagli amici. I miglioramici, "Loro". Un circolo chiuso, insano, eppure fedele. Il concetto di amicizia che attraversa queste pagine è controverso, perché se da un lato i protagonisti si sorreggono in ogni situazione, dall'altro il loro rapporto è carnale, a tratti eccessivo. E disperato. Si mescolano e si sommano, arrivano perfino a compenetrarsi, in modo figurato, con abbracci e scontri che nella mente sofferente di Werner diventano contatti sferzanti per il troppo impeto e l'urgenza con cui sono stretti. Christian Mascheroni è lombardo, ma Vienna è la città di sua madre, dove anche lui ha trascorso parte della sua infanzia, gettando le basi di un rapporto importante, in parte condiviso con Werner, la sua creatura letteraria. Con una scrittura melodica e quasi poetica, Mascheroni racconta l'amicizia come un modo per capirsi, anche da una prospettiva esterna, quella degli occhi di un amico. Werner è una figura forte e ricca di consapevolezza. Riesce a vedere Florjan, Astrid e Reinhold dall'alto. Colloca tracce che loro troveranno solo dopo, aiuti che non dimenticheranno. Una storia che piacerà a chi si è trasferito all'estero e anche a quanti hanno il desiderio latente di fare fagotto e partire alla ventura. Un romanzo che leggeranno con piacere pure quelli che hanno il coraggio di restare e che vedono sparire amici e conoscenti. E che, infine, coinvolgerà in particolare chi conosce Vienna o Milano, entrambe chiamate a giocare un ruolo nella narrazione, la seconda con il suo lato più oscuro, la prima come un'immateriale miglioramica. Tutti, a prescindere dalle proprie aspirazioni di libertà, possono godersi uno stile gradevole e chiaro, che in fondo è quello di Werner, uno che ha sempre scritto."Bravo, scrivilo il mio nome sul tuo diario - dice il passeggero seduto al suo fianco sull'aereo, un trombettista con cui scambia qualche parola -. Dev'essere un bel posto quello. Dico, il diario, è un bel posto dove restare" "È l'unico posto che conosco dove io sia rimasto", risponde Werner. Wienna è un'opera da leggere con attenzione, consapevoli che ogni spezzone d'infanzia si ricongiungerà con un momento delle poche ore in Austria di Werner, nel presente del romanzo. Di dettagli inessenziali non ce ne sono, tutto serve a capire il personaggio, a lasciarsi coinvolgere nella sua nuova partenza, che stavolta non sarà una fuga e nemmeno un cambiamento di vita. "Improvvisamente, appena le palpebre si ricongiungono, si risveglia e si trova di fronte a un ricordo. Quello della notte in cui, a cinque anni, riflettendo sulla morte, si toccò le scapole per capire quanto grandi sarebbero potute diventare le sue ali una volta andato in paradiso".
"A Vienna, che scorre nel mio sangue. Ti amo": è una delle tre dediche iniziali dell'autore, ma sembra sgorgare dal cuore di Werner, un'anima inquieta e malata, che dalla sua città è fuggita, incapace comunque di abbandonarla a livello interiore. Werner non ha dimenticato le sue origini, semmai si è imposto di accantonarle per non lasciarsi schiacciare dal passato, dai sentimenti, dagli amici. I miglioramici, "Loro". Un circolo chiuso, insano, eppure fedele. Il concetto di amicizia che attraversa queste pagine è controverso, perché se da un lato i protagonisti si sorreggono in ogni situazione, dall'altro il loro rapporto è carnale, a tratti eccessivo. E disperato. Si mescolano e si sommano, arrivano perfino a compenetrarsi, in modo figurato, con abbracci e scontri che nella mente sofferente di Werner diventano contatti sferzanti per il troppo impeto e l'urgenza con cui sono stretti. Christian Mascheroni è lombardo, ma Vienna è la città di sua madre, dove anche lui ha trascorso parte della sua infanzia, gettando le basi di un rapporto importante, in parte condiviso con Werner, la sua creatura letteraria. Con una scrittura melodica e quasi poetica, Mascheroni racconta l'amicizia come un modo per capirsi, anche da una prospettiva esterna, quella degli occhi di un amico. Werner è una figura forte e ricca di consapevolezza. Riesce a vedere Florjan, Astrid e Reinhold dall'alto. Colloca tracce che loro troveranno solo dopo, aiuti che non dimenticheranno. Una storia che piacerà a chi si è trasferito all'estero e anche a quanti hanno il desiderio latente di fare fagotto e partire alla ventura. Un romanzo che leggeranno con piacere pure quelli che hanno il coraggio di restare e che vedono sparire amici e conoscenti. E che, infine, coinvolgerà in particolare chi conosce Vienna o Milano, entrambe chiamate a giocare un ruolo nella narrazione, la seconda con il suo lato più oscuro, la prima come un'immateriale miglioramica. Tutti, a prescindere dalle proprie aspirazioni di libertà, possono godersi uno stile gradevole e chiaro, che in fondo è quello di Werner, uno che ha sempre scritto."Bravo, scrivilo il mio nome sul tuo diario - dice il passeggero seduto al suo fianco sull'aereo, un trombettista con cui scambia qualche parola -. Dev'essere un bel posto quello. Dico, il diario, è un bel posto dove restare" "È l'unico posto che conosco dove io sia rimasto", risponde Werner. Wienna è un'opera da leggere con attenzione, consapevoli che ogni spezzone d'infanzia si ricongiungerà con un momento delle poche ore in Austria di Werner, nel presente del romanzo. Di dettagli inessenziali non ce ne sono, tutto serve a capire il personaggio, a lasciarsi coinvolgere nella sua nuova partenza, che stavolta non sarà una fuga e nemmeno un cambiamento di vita. "Improvvisamente, appena le palpebre si ricongiungono, si risveglia e si trova di fronte a un ricordo. Quello della notte in cui, a cinque anni, riflettendo sulla morte, si toccò le scapole per capire quanto grandi sarebbero potute diventare le sue ali una volta andato in paradiso".