
Da un popolo costretto al silenzio si alza una voce. È quella di una donna afghana di nome Zarifa. Lei si rifiuta di tacere. Le donne del suo popolo hanno il diritto di esprimere la loro voce. È quando alla piccola Zarifa e alle sorelle viene negata l’istruzione che inizia a comprendere il significato di “ingiustizia”. Per poter imparare a leggere e scrivere è necessario rischiare la vita ogni giorno, fuggire da casa e rintanarsi nel seminterrato dell’abitazione di qualche coraggiosa donna ancora disposta a combattere pur di istruire i più giovani del proprio popolo. È proprio la scuola che dona a Zarifa la motivazione necessaria per voler cambiare il destino delle donne afghane. Dopo l’università, fonda a Maidan Shahr l’emittente radiofonica Peghla (ragazza). È così che nella provincia conservatrice il suo nome viene associato allo scandalo. I suoi speaking alla radio incitano a lottare per un Afghanistan libero, pregando le donne di rivendicare la propria libertà e gli uomini di ribellarsi. Ora i talebani conoscono il suo nome e la sicurezza, se mai ne ha goduto, non è più un privilegio che le viene concesso. La sua nomina a sindaca di Maidan Shahr la rende un pericolo pubblico per gli oppressori. Tre attentati alla sua persona: falliti. Un solo attentato alla vita di suo padre: andato a segno. Zarifa sa bene che la morte del padre è un chiaro avvertimento per lei. I talebani vogliono il suo silenzio e se non lo otterranno con le intimidazioni, lo faranno uccidendola. Una giovane donna i cui occhi hanno visto fin troppi orrori decide così di scindere la propria vita. Da una parte Zarifa con la sua dura corazza, le bruciature sulla pelle portate con fierezza e lo sguardo impenetrabile, sempre pronta a rischiare la vita per le donne del suo popolo. Dall’altra Krish (da Krishma, affetto), nomignolo datole dalla sua famiglia. Con questo nome può piangere il lutto, può stringersi tra le braccia della madre e può amare il marito che non ha mai smesso di credere in lei...
Zarifa Ghafari è nata nel 1992 a Changa, poco lontano da Kabul. Grazie ad una borsa di studio ha potuto frequentare l’università in India, comprendendo l’importanza vitale dell’istruzione nella formazione di un pensiero libero dalle imposizioni politiche radicali. “Istruite una donna e salverete decine di generazioni”: queste le parole della sindaca quando le si chiede come mai alle donne deve essere garantito il diritto all’apprendimento. A sostengo di questo fonda, grazie alla sua organizzazione umanitaria Assistance and Promotion for Afghan Women, un centro di formazione femminile e una clinica ostetrica a Kabul. Dopo essere rientrata, nel 2019, tra la classifica delle 100 donne più stimolanti e influenti di tutto il mondo della BBC e aver ricevuto, nel 2020, il premio International Woman of Courage, anche Netflix ha deciso di contribuire alla diffusione della sua storia. Esce, nel 2022, il documentario In her hands. In esso si può entrare in contatto non solo con la vita della giovane donna e della sua famiglia, ma dell’intero popolo afghano. Viene spesso da chiedersi come tanto coraggio sia potuto nascere dal terrore. Come una donna cresciuta nell’oppressione sia potuta diventare un simbolo tanto forte nel suo Paese da essere nominata sindaca e, conseguentemente, un bersaglio. La risposta è da cercare nell’attaccamento alla vita. tra le pagine del libro, l’Afghanistan viene descritto in maniera inedita rispetto a ciò che possiamo vedere nei documentari. Le città polverose battute dai carri armati lasciano il posto a montagne innevate da fiaba durante l’inverno e ad un verde profumato in primavera. Il cielo che nel nostro immaginario è fumoso e illuminato dai traccianti lascia spazio ad una volta limpida e stellata, innocente e indifferente rispetto a ciò che accade sulla terra. Le donne per cui Zarifa lotta sono coloro che, di fronte ad un attentato, non piangono più. Perché la morte è nella loro vita di tutti i giorni. L’ingiustizia che Zarifa ha conosciuto fin da bambina è tutta qui: nel fatto che il suo popolo sia più scettico davanti ad una mano tesa in suo aiuto piuttosto che ad un corpo senza vita steso sul selciato.
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