
Don Alfio non può tollerare oltre. È stanco e arrabbiato. Si sente truffato da un dio per il quale ha rinunciato alle donne e all’alcool (almeno pubblicamente), un dio che non è capace nemmeno di banali trucchetti da cabaret. In fondo lui non chiede molto, solo una piccola prova, che per una volta l’ostia si trasformi davvero nella calda e pulsante carne di Cristo… C’è un appartamento in cui non vive anima viva. Non più. Qualcosa è sopraggiunto a porre violenta fine all’esistenza del suo inquilino. Scoprendosi orfani, gli abitanti solitamente muti delle stanze, levano le proprie voci, e che con consapevolezza comica e insieme struggente, dichiarano al mondo la propria condizione: Le Quattro Mura Disadorne rimembrano i bei tempi andati, La Tazza Del Servizio Igienico Sanitario Locale invoca l’azione catartica dello sciacquone, La Matrioska Prefabbricata Prodotta a Taiwan lamenta mancanza di comunicazioni interne… A causa della svista di una commessa distratta, il manichino del reparto uomini, Achille, e quello del reparto donne, Dalila, si ritrovano per la prima volta l’uno accanto all’altra. La sorpresa di ritrovarsi vicini, scatena una scarica d’eccitazione che invade i nervi dei loro corpi di plastica, e arrivata agli occhi si trasforma in lampi di reciproca, insopprimibile passione...
Venti racconti, venti buchi della serratura aperti su altrettanti piccoli universi. Venti stanze suddivise in piani, Torre di Babele instabile, pericolante, inverosimile come le esistenze dei personaggi che la abitano, che la attraversano o che inesorabilmente la abbandonano. Frank Solitario, pseudonimo usato dall’autore romano per “mantenersi casto fino al suo primo romanzo”, per i suoi lettori si sdoppia, si sterza si quarta se necessario, entra ed esce dalle righe, si veste si spoglia e si traveste su un palcoscenico illimitato di possibilità narrative. Della favola ha il disinteresse per la credibilità, del diario il calore della confidenza, della poesia il gusto per la parola, e del teatro il ritmo e la musicalità. L’autore riesce nell’alchimia di trasformare un solo volume in un prisma riverberante e multiplo, capace di adattarsi come un guanto ai gusti di chi lo legge, o meglio, di chi lo prova. Non per contenuti e intenti, ma, come una musica può farcene venire in mente un’altra, così questi “racconti e brevi farsette” a volte ci rimandano alle atmosfere paradossali de La cantatrice chauve di Ionesco, per una pura questione d’orecchio, di melodia. L’umorismo e la fantasia senza apparenti argini del narratore, condiscono infine quest’insolita macedonia in cui a guardare bene, i sapori più strani non vengono da bizzarri frutti tropicali, ma da quelli più comuni, banali forse, ma indiscutibilmente autentici. È sempre il momento per leggere il libro di Frank Solitario, perché tanto non ci troverete nulla di quello che potreste aspettarvi.
Venti racconti, venti buchi della serratura aperti su altrettanti piccoli universi. Venti stanze suddivise in piani, Torre di Babele instabile, pericolante, inverosimile come le esistenze dei personaggi che la abitano, che la attraversano o che inesorabilmente la abbandonano. Frank Solitario, pseudonimo usato dall’autore romano per “mantenersi casto fino al suo primo romanzo”, per i suoi lettori si sdoppia, si sterza si quarta se necessario, entra ed esce dalle righe, si veste si spoglia e si traveste su un palcoscenico illimitato di possibilità narrative. Della favola ha il disinteresse per la credibilità, del diario il calore della confidenza, della poesia il gusto per la parola, e del teatro il ritmo e la musicalità. L’autore riesce nell’alchimia di trasformare un solo volume in un prisma riverberante e multiplo, capace di adattarsi come un guanto ai gusti di chi lo legge, o meglio, di chi lo prova. Non per contenuti e intenti, ma, come una musica può farcene venire in mente un’altra, così questi “racconti e brevi farsette” a volte ci rimandano alle atmosfere paradossali de La cantatrice chauve di Ionesco, per una pura questione d’orecchio, di melodia. L’umorismo e la fantasia senza apparenti argini del narratore, condiscono infine quest’insolita macedonia in cui a guardare bene, i sapori più strani non vengono da bizzarri frutti tropicali, ma da quelli più comuni, banali forse, ma indiscutibilmente autentici. È sempre il momento per leggere il libro di Frank Solitario, perché tanto non ci troverete nulla di quello che potreste aspettarvi.