
Le Cirque des Rêves compare senza essere annunciato, nessuno si accorge del suo arrivo. Dove il giorno prima c’era solo una distesa di terra, all’alba appare un gruppo di tendoni a strisce bianche e nere. La sua presenza modifica il paesaggio, aggiungendo una macchia priva di colori, che promette luci e ombre, illusioni e illuminazioni. Il circo apre al crepuscolo e chiude all’alba: vive di notte, proprio il momento dei sogni, ma non è l’orario il motivo del suo nome. Oltre la cancellata, ogni tenda nasconde una possibilità; tante serie di cerchi entro il recinto circolare del cancello. Sembrano integrarsi, formare un unico organismo mosso dalla magia racchiusa all’interno di ognuna di loro, qualcosa che potrebbe far pensare a un orologio ma che non ha niente di meccanico. Nessuno sa quale energia lo alimenti, neanche gli stessi componenti del circo, che di anno in anno si sono ritrovati sempre più vincolati a quel bizzarro tendone senza riuscire a separarsene, senza invecchiare, senza fallire un colpo durante le esibizioni. Sembra loro di vivere come in un sogno. La stessa sensazione provano gli spettatori: quando si allontanano dal circo all’alba per tornare ai loro letti, non sanno più da che parte sia la realtà, certi di non essersi mai sentiti più vivi. Impossibile pensare che questo complesso disegno di attrazioni costituisca un campo di battaglia, ogni nuovo tendone una mossa della sfida di magia cui Celia e Marco sono stati involontariamente legati, vittime della competizione dei rispettivi mentori. La fine di quella partita porterebbe alla distruzione non solo dell’avversario, ma del sogno di tutte le persone che ogni notte ritrovano loro stesse nel Cirque des Rêves...
Come nel precedente libro, Il mare senza stelle, anche qui Erin Morgenstern costruisce un mondo labirintico, che intreccia immaginario e immaginazione. Sin dalla prima pagina si rimane invischiati dal Cirque des Rêves, e finito il libro si ha la nostalgia di un posto in cui non si è mai stati. La stessa autrice in alcuni capitoli richiama il lettore e lo accompagna a esplorare, con le mani appiccicose di caramello e cioccolato, alcuni dei tendoni che saranno poi protagonisti delle vicende che di capitolo in capitolo si vanno a dipanare, balzando avanti e indietro negli anni, tra il 1873 e il 1903, di città in città. Celia e Marco, nel provare le proprie capacità solo apparentemente illusionistiche, più che sfidare l’altro finiscono per compiacerlo, affascinati dalla bravura altrui nel manipolare la realtà entro leggi che oltrepassano la fisica. Il circo diventa il mezzo per scambiarsi insolite lettere d’amore, il campo in cui crescerà un legame andando ben oltre i suoi fini originari, diventando un sentimento forte, potenzialmente distruttivo per tutti quelli che del circo fanno parte. Tarocchi, giardini di ghiaccio, labirinti verticali, tunnel senza gravità, bottiglie che sprigionano odori carichi di ricordi, piccoli stagni in cui lanciare un sasso ti libera da ogni peso che ti porti sul cuore... Le visioni che Morgenstern ha condiviso con noi sono prodigiose, il circo che ha costruito con le sue parole esalta e commuove. Poi si rimane confusi, come alla fine di ogni bel libro. Sicuri si sia trattato solo di un’illusione?