
William Booth Wren si aggira per Washington Square nella nebbiolina delle sere di novembre. Sessantacinque centesimi in tasca, un impermeabile bruciacchiato e un cappello un po’ scollato lo rendono poco meno miserabile della vecchia puzzolente di whisky che se ne sta a blaterare su una panchina, ma tanto basta a fare di lui un “capitalista” agli occhi dei derelitti che occupano gli angoli di un’America in pieno fermento sociale. Mac “l’americano” è una bestia d’uomo di un metro e novanta, vive in Messico ma rimpiange l’America che ha girato in lungo e in largo, dalle segherie del Vermont alle piantagioni della Georgia. Peccato per quella brutta storia del negro sbranato dai cani, che lo sport più bello del mondo è dar la caccia ai negri, si sa. A Peterson intanto c’è la guerra, “uno strano tipo di guerra”, dato che la violenza sta tutta dalla parte dei proprietari dei setifici. 10.000 operai portano avanti un picchetto mentre poliziotti e mercenari si fanno avanti a manganellate e colpi di pistola. È quasi tutta straniera la gente del picchetto: italiani, ebrei, tedeschi, polacchi e olandesi. Gente che non ha niente da perdere, nemmeno di fronte al giudice Carroll che infligge dure pene a questi picchetti pacifici “contrari agli ideali americani”...
Occuparsi dei diritti dei lavoratori, negli Stati Uniti degli anni ’10 e ’20 del secolo scorso, significa combattere una “guerra civile”. Una guerra contro polizia, funzionari e tribunali impegnati per sopprimere gli scioperi in pieno spirito “anti-bolscevico”. John Reed ha acquisito notorietà per il suo reportage Dieci giorni che sconvolsero il mondo, cronaca appassionata della Rivoluzione d’Ottobre. Ma Reed non è stato solo spettatore delle rivoluzioni sociali del Vecchio Continente, è stato soprattutto un acuto osservatore della vita negli Stati Uniti all’indomani della Guerra Civile. Un Paese animato da un forte sviluppo in senso capitalistico ma anche da forti movimenti per i diritti degli operai, e proprio di questi movimenti Reed ne diventa la voce. Vive gomito a gomito con i manifestanti, si immerge nelle loro condizioni di vita, condivide gli scioperi, i picchetti, le repressioni e anche il carcere. Una lettura appassionante quella degli scritti di John Reed, sia per il suo talento letterario, che lo rende vicino a Jack London, suo amico e altro grande osservatore del suo tempo (basta ricordare l’inchiesta Il popolo degli abissi), sia perché ci porta dentro a un’America ancora inedita per il nostro imaginario. Un’America dove il razzismo si riaccende in continui focolai d’odio e vendetta e dove i diritti più elementari vanno conquistati ben oltre gli articoli della Costituzione. Un’America insieme rossa e a stelle e strisce, ancora lontana dalla Guerra fredda e dove il dibattito tra le ragioni del comunismo e quelle del capitalismo era più vivo che mai.
Occuparsi dei diritti dei lavoratori, negli Stati Uniti degli anni ’10 e ’20 del secolo scorso, significa combattere una “guerra civile”. Una guerra contro polizia, funzionari e tribunali impegnati per sopprimere gli scioperi in pieno spirito “anti-bolscevico”. John Reed ha acquisito notorietà per il suo reportage Dieci giorni che sconvolsero il mondo, cronaca appassionata della Rivoluzione d’Ottobre. Ma Reed non è stato solo spettatore delle rivoluzioni sociali del Vecchio Continente, è stato soprattutto un acuto osservatore della vita negli Stati Uniti all’indomani della Guerra Civile. Un Paese animato da un forte sviluppo in senso capitalistico ma anche da forti movimenti per i diritti degli operai, e proprio di questi movimenti Reed ne diventa la voce. Vive gomito a gomito con i manifestanti, si immerge nelle loro condizioni di vita, condivide gli scioperi, i picchetti, le repressioni e anche il carcere. Una lettura appassionante quella degli scritti di John Reed, sia per il suo talento letterario, che lo rende vicino a Jack London, suo amico e altro grande osservatore del suo tempo (basta ricordare l’inchiesta Il popolo degli abissi), sia perché ci porta dentro a un’America ancora inedita per il nostro imaginario. Un’America dove il razzismo si riaccende in continui focolai d’odio e vendetta e dove i diritti più elementari vanno conquistati ben oltre gli articoli della Costituzione. Un’America insieme rossa e a stelle e strisce, ancora lontana dalla Guerra fredda e dove il dibattito tra le ragioni del comunismo e quelle del capitalismo era più vivo che mai.