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Romanzo familiare

Romanzo familiare

Gragnano (provincia di Napoli), seconda metà del Novecento. Adelaide è una bambina che vive in una casa affollata, in una famiglia allargata (ma con un’accezione ben diversa da quella che intendiamo noi oggi): suo padre è il medico del paese e le porte di casa sua sono aperte un po’ a tutti; sono costanti le visite di paesani (che spesso chiedono che il dottore diventi, poi, il loro “compare di anello”) come folta è la schiera di domestiche o di chi, come accade con Angelina, ne fa spontaneamente le veci. È una casa sempre in festa quella di Adelaide, sempre attenta e pronta ad accogliere e a non fare torti a nessuno. È una casa tipicamente del Sud, dove la condivisione e l’esternazione pubblica delle dinamiche familiari e intime è naturalmente vissuta. La madre di Adelaide ha un ruolo centrale e fondante, nella storia della famiglia come della scrittura dell’autrice. Tutto ruota attorno a lei ed è lei la tessitrice delle trame familiari, dei legami impari coi figli (Adelaide stessa, Enrico, Giovanni e Clementina). Al nucleo fondante, si aggiunge, poi, “zi-zia” e tutto il largo, tipico, parentado. Adelaide osserva, bambina, quel valzer di persone che dà animo alla sua famiglia, alla sua casa e ne sente anch’essa il ritmo vivace e coinvolgente: vitale. Poi, però, crescendo, le cose cambiano: una perdita, un lutto prematuro, spegne ogni musica…

Adelaide Amendola, magistrata – attualmente presidente di sezione presso la Suprema Corte di Cassazione –, con Romanzo familiare esce fuori dalle righe del diritto per raccontare l’intimo, il personale, il vissuto. Attraverso i suoi occhi – di bambina prima e di donna poi – ci viene filtrata la sua grande famiglia, la sua storia privata. Immediato viene il richiamo a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg: nel titolo, nell’occhio femminile che ci racconta e si racconta, e non solo… La scrittura della maturità trasforma il sentimento (o il risentimento) in compassione e comprensione: il cuore adulto, uscito dai fumanti fervori giovanili, trova una spiegazione nitida e lucida a scelte e atteggiamenti percepiti come impari e ingiusti. A ognuno, in famiglia come nella vita, viene chiesto solo quello che può dare: tanto o poco che sia. È un racconto, seppur privato, della Verità quello della Amendola, o meglio: un lento e lucido – nonostante i profondi sentimenti – approdo ad essa. Racconta di sé, eppure parla a noi di noi: ognuno può ritrovarvi sé stesso e il proprio essere famiglia, perché è nei sentimenti che ci equipariamo e ci assomigliamo un po’ tutti. L’accettazione, o meglio la trasformazione, del dolore, il suo lento cristallizzarsi in vissuto – anche mediante il faticoso processo della scrittura –, offre una nuova rilettura dei giochi familiari, uno sguardo meno rigido, con la salda certezza-testamento che gli affetti sono la sola, vera, ricchezza possibile per un uomo.