Salta al contenuto principale

Io sono Khalíd

Io sono Khalíd

Suo padre ha perso il lavoro ed è tornato a Casablanca, nel suo bazar, e invia alla famiglia in Italia una miseria. Forse pensa che lui, sua madre e i suoi fratelli si nutrano d’aria. Quando gli si fa notare che ciò che manda a casa è davvero poco, l’uomo risponde che, se la cifra non è sufficiente, potrebbero tutti tornare a casa. Ma lui, Khalíd, se deve essere sincero non sa proprio dove si trovi casa. Non si riesce a spiegare bene, ma la sensazione è che, ovunque si trovi, gli manca sempre un pezzo di vita, è come se si fosse fermata da un’altra parte. Per fortuna ci pensa suo fratello Mohamed a dar loro da mangiare. Lavora davvero come uno schiavo, mentre Khalíd va ancora a scuola e, in particolare, adora la mensa, dove può mangiare la cotoletta alla milanese. Sua madre non ha ancora imparato a cucinarla e continua ad essere fissata con la pecora, che è una bestia che puzza, ammorba l’aria di casa, si attacca anche ai suoi vestiti e non lo molla mai. A scuola non è molto bravo Khalíd e fa fatica a farsi capire dagli altri. Con Sammy, invece, si capisce subito, tanto che, nel periodo natalizio, gli ha chiesto di procurarsi dei soldi. I genitori di Sammy gli prendono tutto ciò che desidera e Khalíd vorrebbe davvero un nuovo gioco per la Play. Allora suggerisce a Sammy di chiedere i soldi ai suoi, dicendo che gli servono per acquistare un nuovo libro. E Sammy è davvero fortunato, perché i quarantanove euro necessari per l’acquisto del gioco li trova nel portafoglio della mamma e li può prendere senza bisogno di chiederle nulla. Ora Khalíd è felice - può finalmente comperare God of War - e in classe sorride persino al professore d’italiano - De Cecco, soprannominato De Ciccio perché è grasso come una mongolfiera arenata a terra e incapace di smuoversi - e finisce per ascoltarlo mentre spiega la lezione...

È di origine marocchina, ma vive a Milano con la madre e i fratelli, mentre il padre, rimasto senza lavoro, è rientrato a Casablanca dove si occupa di un negozio di famiglia. Ma forse le cose non sono davvero così semplici. Il padre in Marocco forse ha un’altra moglie, mentre lì a Milano i soldi sono pochi e ci si arrabatta per vivere. Se potesse rinascere, certo è che Khalíd non sceglierebbe una famiglia come la sua, dove si litiga spesso, dove la sorellina Maryem ha qualche problema e dove la madre, da quando il marito è tornato, insieme alla seconda moglie e a un altro bambino, non sorride mai e si ammazza di fatica dalla mattina alla sera. Khalíd - frutto della fantasia e della penna di Silvia Golfera, insegnante di lettere al Collège international di Ferney Voltaire, esperta di cultura ebraica e russa e autrice di diverse pubblicazioni - è un personaggio estremamente interessante, con una particolare predilezione per i guai. In ogni circostanza - che sia famiglia, amici o scuola poco importa - Khalíd ama complicarsi la vita e, se non fosse per l’intervento spesso decisivo dell’anziana signora sola che ha stretto con il ragazzino una profonda amicizia, le conseguenze sarebbero spesso assai gravi. La Golfera, con un linguaggio alla portata del bacino di utenza cui la storia è rivolta, riesce con poche ma decise pennellate a tratteggiare una realtà complessa ma sicuramente comune nella società attuale, una storia in cui l’integrazione è un cammino tortuoso ma possibile, una vicenda che fa sorridere ma tocca le corde emotive più sensibili di ogni lettore. Khalíd è tenero mentre cerca di capire come gira il mondo e pretende, da solo, di smascherare quello che ritiene essere un rappresentante della società più malata e sporca; è dolce quando si occupa della sorellina in difficoltà e prova ad entrare nel suo mondo; è commovente nei suoi goffi tentativi di approcciarsi a Jennifer, la ragazzina che gli fa ballare il cuore ogni volta che lo degna di attenzione. Un racconto ironico e poetico, capace di arrivare ai ragazzi e di parlare il loro linguaggio. Una vicenda che mostra i complessi intrecci delle relazioni umane, resi possibili dalla voglia di capire e di capirsi, per procedere insieme - ma ciascuno con le proprie peculiarità - per le contorte ma bellissime strade del mondo.