
Paterson, New Jersey, estate del 1947. Sal Paradise è inquieto, vive come percorso da una corrente elettrica: le scorribande a New York con gli amici a caccia di scopate, le bevute e le chiacchierate sulla letteratura o la musica non gli bastano più. Prende un sussidio come reduce di guerra, sta scrivendo a fatica un romanzo, ha divorziato da poco, vive dalla zia e ha deciso di cambiare aria per un po’, sente che quello che ci vuole nella sua vita è un lungo viaggio. Così una mattina di luglio, con 50 dollari in tasca e l’idea di seguire la Route 6 fin su in Nevada per poi scendere verso Los Angeles, Sal risale in autostop la sponda orientale del fiume Hudson, fino a Bear Mountain Bridge, “dove la Route 6 arriva dal New England disegnando un arco”. Appena arrivato, lo coglie un acquazzone: la strada è deserta e l’unico riparo è una piccola stazione di servizio abbandonata. Il suo sogno di viaggio, così a lungo programmato, “(…) la stupida idea da pantofolaio che fosse meraviglioso seguire un’unica lunga linea rossa per attraversare l’America, invece di tentare varie strade e percorsi”, sta già andando in malora. Tra l’altro ha sbagliato le scarpe, ha messo su degli huaraches messicani che ora sono zuppi e freddi. Finalmente passa un’auto che lo carica e lo porta almeno a Newburgh: lì Sal è costretto a tornare a New York in autobus con le pive nel sacco. Per sicurezza, il giorno seguente Sal segue un itinerario molto più banale ma senza dubbio più efficace: spende un sacco di soldi e sale su di un bus Greyhound diretto a Chicago. Il suo viaggio leggendario in realtà inizia in un modo comunissimo, con bambini piagnucolosi, gente appisolata e sole caldo che filtra dai finestrini…
Jack Kerouac lavorava al nucleo originale di Sulla strada sin dal 1948, ma il manoscritto che conosciamo – censure successive a parte – fu buttato giù nel 1951 di getto in tre settimane su quello che l’autore chiamava “the scroll”, un rotolo di carta di quasi 37 metri incollato con lo scotch che oggi appartiene al collezionista Jim Irsay, che l’ha acquistato nel 2001 per 2,4 milioni di dollari. Per la pubblicazione però bisognò attendere il 1957 e un severo editing voluto dalla Viking per purgare il testo da scene di sesso troppo audaci per l’epoca e pagine ritenute “superflue”. Il libro ebbe da subito un clamoroso, inatteso successo di vendite: la vicenda è in larga parte – ma non del tutto, attenzione – autobiografica e i personaggi sono quasi tutti alter ego di persone realmente vissute (alcune famose, come William S. Burroughs e Allen Ginsberg, altre no, come i familiari e gli amici di Kerouac). In filigrana si legge la mistica della strada e del viaggio, così radicata nella cultura statunitense, il maledetto “urge for going” che non vuole saperne di lasciarti in pace. E l’amore per lo sconfinato territorio nordamericano, che qui a tratti è descritto davvero con commovente trasporto. Le avventure del protagonista sono raccontate con uno sguardo e un approccio à la James Dean: Sal incontra giovani bohémien del sottobosco metropolitano, musicisti jazz e blues di colore, braccianti stagionali, vagabondi relitti della Grande Depressione (i famosi hobos): personaggi molto diversi tra loro ma tutti ugualmente distanti dai valori della middle-class che lui rifiuta e deride. Il vuoto lasciato dall’assenza di quei valori va però riempito da qualcos’altro, un graal che va cercato, che ci attende (forse) alla fine di un viaggio. Sulla strada quindi è un romanzo più che sulla perdita sulla mancanza, e di conseguenza sulla ricerca di un senso. Temi immortali che resistono anche all’usura degli anni, che in altri ambiti dell’opera di Kerouac (il linguaggio, lo stile, l’ambientazione) si fa sentire e toglie al libro la selvaggia vitalità e la potenza iconica che aveva nei decenni passati, quando era considerato una bibbia delle giovani generazioni e copie dalle pagine stropicciate passavano di padre in figlio, rendendolo “solo” un documento storico, una pietra miliare. Basti pensare che l’espressione “on the road” oggi descrive un intero genere letterario e cinematografico e soprattutto uno stato dell’anima. Sin dal 1957 si è parlato di trarre un film da Sulla strada: Kerouac in persona scrisse al giovanissimo divo Marlon Brando proponendogli di interpretare Dean Moriarty sul grande schermo, ma non ricevette mai risposta. Si è dovuto attendere il 2012 per avere la non memorabile versione con la regia di Walter Salles e l’interpretazione di Sam Riley e Garrett Hedlund.