
Una mamma tiene in braccio un bambino, con un gesto abituale. Forse non è il primo, anzi probabilmente è il più piccolo di tanti. Appare sano ma non ride, sembra un peso per la madre. I loro abiti sono umili e dignitosi, riflesso di una quotidianità qualunque. Il padre, seduto di fronte a loro, ha la testa tra le mani. Sulla loro tavola ci sono troppi piatti e sono tutti vuoti. Ora che il bambino è cresciuto, sembra solo lontano da casa, ha dei sassolini nella mano. Ombre verticali, come gli alberi di un bosco nell’oscurità… Il bambino, con i suoi fratelli, cerca per terra qualcosa, forse quegli stessi sassolini che aveva avuto nella mano. Si intravvede di nuovo casa. Poi un corvo segue la scia di tanti puntini per terra e tutto di nuovo si fa scuro. Le ombre sono diventate rosse, ma dall’indistinto emerge un enorme castello, con i suoi merli e le finestre illuminate. Appare il volto di una donna, spaventato e spaventoso allo stesso tempo. I sette bambini sono ancora tutti assieme, dormono e sembrano sereni, ma la storia non è ancora finita…
Il più piccolo di sette reinterpreta la fiaba di Perrault rinunciando alla mediazione delle parole e lasciando alle immagini la possibilità di evocare con tutta la loro forza le emozioni che le fiabe suscitano. L’invito a rileggere Pollicino non riguarda solo la trama. Si sentirà, certo, il bisogno di rileggerla, dopo aver sfogliato questo albo fino alla fine. Ma la rilettura che Giovanna Ranaldi propone è, piuttosto, quella dell’esperienza emotiva che le fiabe producono nei bambini a un livello perlopiù inconscio e che è possibile affrontare e rivivere con sguardo più adulto e consapevole. Nelle grandi tavole orizzontali si alternano solo i primi tre colori che abbiano mai avuto un nome: nero, bianco e rosso; ora come linea, ora come tinta stesa. Le immagini ricostruiscono la narrazione ma richiamano anche temi e simboli che rispecchiano un punto di vista più ampio di quello del bambino protagonista: la corporeità e i suoi bisogni, il lato oscuro ed enigmatico della generazione e della fisicità, il pericolo, il contatto con l’ignoto. Ritorna più volte, come ripetizione di una matrice, il numero sette, fondamentale in questa storia ma anche fortemente simbolico. Le illustrazioni spalancano in modo suggestivo e onirico i confini del racconto, che nel finale torna ad essere a tutti gli effetti una fiaba: lo sguardo torna sul protagonista bambino, unico vero eroe in grado di spezzare, con coraggio e speranza, la storia che si ripete.