
Veronika Vinter ha l’abitudine di sfogliare tutti gli annunci di lavoretti part-time del “Večernje novosti”, per necessità, dato che ha bisogno disperato di arrotondare il suo misero stipendio da impiegata, ma anche per curiosità, quasi antropologica. Vi trova infatti le richieste più strane, che spesso si limita a ritagliare e fissare con un magnete sulla porta del suo frigorifero. Quella mattina gli occhi le cadono su un testo veramente originale: “Cerco una signora disponibile ad accarezzare la mia schiena. Solo ed esclusivamente la schiena. Massima serietà, garantiti riservatezza e ottimo compenso”. La colpisce, in positivo, la precisazione “solo ed esclusivamente la schiena”: può essere un lavoro, quello di accarezzare una schiena? Curiosa ed intimorita contatta l’inserzionista, prende appuntamento e, puntuale come sempre, si trova di fronte un uomo di mezza età, il cinquantenne signor Bauer, Florjian Bauer, che le spiega con estrema serietà l’incarico: accarezzare, non massaggiare!, la schiena per un’ora, due volte a settimana. In perfetto silenzio, per non rompere l’incanto. Il compenso sarà di ben 200 kune. Bauer è vedovo, ma tutto il suo matrimonio è stato segnato dalle cure che la sua Amaljia dedicava alla sua schiena: al risveglio al mattino, al ritorno dal lavoro, nei momenti di riposo, in estrema intimità, quelle carezze hanno scandito i momenti più felici ed appaganti della sua vita, ne hanno definito i contorni di piacere ed estasi. Dalla morte della moglie non ha trovato più quei piaceri, in nessuna altra donna. Tanto vale comprarsi quel servizio. Veronika accetta, all’inizio per soldi, poi con una impensabile passione che si trasforma in arte…
“Grazie alla schiena per il suo essere là dov’è”: sono le ultime parole di ringraziamento con cui Marina Vujčić, scrittrice zagabrese che esordisce per i tipi di BEE (Bottega Errante Edizioni), collana estensioni, chiude il suo buon romanzo introspettivo. La trama appartiene a quel filone scontato di due sconosciuti che per caso si incontrano, si studiano, si frequentano fino ad empatizzare, ma l’espediente è sicuramente originale e, a suo modo, filosofico: la schiena è quella parte di corpo che non piò essere curata dalla persona che la possiede, ma ha bisogno della cura di un’altra persona, la quale inevitabilmente diventa intima della prima. È un fatto naturale. Marina Vujčić sceglie questo tema per indagare, in modo anche originale, su due solitudini parallele e infine convergenti (questo è l’elemento di banalità di partenza), in modo delicato e mai ossessivo, eppure efficace e confortante. Anche se i protagonisti sono due tipi ben definibili, uno maschile e l’altro femminile, un ricco malinconico ed una povera impiegata disillusa schiacciata dalla separazione e dalle successive frequentazioni maschili, è alla signora Vinter che Marina Vujčić consegna le chiavi di lettura del testo, la bussola per l’esplorazione sensoriale e psicologica del senso del piacere e dell’intimità della vita. Questa folgorazione (“l’essere umano è dotato di una parte del corpo che da solo non riesce a toccare”) è l’avvio di una serie di ripensamenti e riconsiderazioni della vita stessa, ma anche di un percorso di riscatto che difficilmente sarebbe riuscito ad immaginare diversamente, all’ombra dei debiti della routine quotidiana. Il riscatto parte da una scoperta, come spesso accade, parte da quello che non immaginiamo. Ed è questa stessa epifania il sale dell’intero romanzo, per alcuni versi geniale, che segna la differenza fra un pensiero comune ed una buona narrazione.